
L’esercizio tecnologico compiuto da Google con il Pixel 6a ha ben pochi precedenti: mettere un hardware di fascia alta, derivato pari pari dai flagship, in un prodotto con prezzo inferiore ai 500 euro. Per la precisione bastano 459 euro per dotarsi del Pixel 6a, acquistabile nel momento in cui si scrive solo su Amazon.it (con in regalo le Pixel Buds-A) e su Google Store, che assicura due anni di garanzia legale. In realtà, la garanzia che Google assicura sul Pixel 6a è la medesima dei fratelli maggiori 6 e 6 Pro ed è di prim’ordine: l’azienda garantisce 5 anni di aggiornamenti di sicurezza, tipicamente con cadenza mensile, e ben tre major release di Android. La prima edizione del sistema operativo che arriverà sul 6a è Android 13, che stiamo provando sul 6 Pro e propone numerose e spesso irrinunciabili modifiche che semplificano di molto l’utilizzo. Il motivo per cui Pixel 6a vanta un simile trattamento per gli aggiornamenti è presto detto: lo smartphone è prodotto da Google e ha Android 12 in formato stock, quindi rientra nel programma di rilascio automatico e frequente delle patch.

Questa abbonante settimana sul Pixel 6a ci ha insegnato una cosa, che poi è quella da cui siamo partiti: nelle mani si ha un prodotto flagship, solo in formato compatto. Sì, perché questo equilibrio è quello che più di tutto ci ha convinto. Siamo passati dal 6 Pro al 6a senza perdere in prestazioni e in esperienza di utilizzo con qualsiasi app. Anzi, il pannello Oled da 6,1″ (2.400×1.080 pixel) è capace di una resa grafica sempre all’altezza della situazione e mantiene sotto controllo il peso (178 grammi) e le dimensioni (152,2×71,8×8,9 mm).
Il parallelismo finisce qui, ma ci è servito solo per dimostrare come Google non abbia lesinato in fatto di performance e dotazione, seppure trovando un punto di equilibrio diverso rispetto al Pro. Ossia, sul 6 Pro c’è tutto quello che si chiede a un flagship; sul 6a c’è tutto quello che serve a un utente esigenze di smartphone che vuole spendere in modo intelligente i propri soldi e non vuole rinunciare all’esperienza “pure Google”.
Google Pixel 6a: specifiche tecniche
Dimensioni: 152,2×71,8×8,9 mm
Peso: 178 grammi
Display: Oled da 6,1″ a 60 Hz, protezione con lastra Corning Gorilla Glass 3
Risoluzione: 2.400×1.080 pixel, 20:9 (429 ppi)
Chipset: Google Tensor 5 nm octa core asimmetrici (2x Cortex-X1 a 2,8 GHz; 2x Cortex-A76 a 2,25 GHz; 4x Cortex-A55 a 1,8 GHz)
Sicurezza: coprocessore di sicurezza Titan M2
Gpu: Mali G70 MP20 (20 core di elaborazione)
Ram: 6 GB
Storage: 128 GB
Fotocamere: principale Sony Imx363 a 12,2 Mpixel; ultra wideangle Sony Imx386 a 12 Mpixel; selfie Sony Imx355 a 8 Mpixel
Batteria: 4.400 mAh
Ricarica: 18 Watt (30 Watt supportati)
Connettività: 5G, Wi-Fi6, Bluetooth 5.2, Nfc, Gps, eSim, Usb-C 3.1
Android 12 “nudo e crudo” su Pixel 6a
L’interfaccia stock di Android 12 sul Pixel 6a mantiene le sue doti di personalizzazione, reattività e semplicità, nonostante il Tensor sia affiancato da “soli” 6 GB di Ram e 128 GB. Peraltro una configurazione in linea con la fascia di prezzo nella quale si inserisce questo modello entry level della famiglia Pixel. E che dimostra come l’innovazione, quella vera, quella che serve a proporre qualcosa di nuovo davvero utile e non basato sulla futilità dei led che si accendono, è basata sul garantire la migliore esperienza di utilizzo.



Il Pixel 6a mantiene il medesimo family feeling di tutti gli smartphone prodotti da Google e mette a disposizione un ambiente personalizzabile al pari dei modelli Android di ultima generazione. Con, peraltro, un’eleganza determinata dal minimalismo delle linee e da colori peculiari, che lo contraddistinguono.
L’Oled da 6,1″ rappresenta alla perfezione queste doti grafiche anche se, a differenza dei fratelli maggiori, bisogna accontentarsi di un pannello con refresh rate fisso a 60 Hz e assistito dalla sola calibratura del colore (Naturali, Migliorati e Adattivi). La diagonale limitata e le ottime doti grafiche del pannello permettono di godere della visualizzazione di foto e di contenuti multimediali senza rimpiangere refresh rate e motori geometrici più evoluti. Il Tensor dimostra la sua capacità grafica, anche nel benchmark Antutu: 518.811 punti con le app più diffuse installate (da WhatsApp a Outlook) rappresentano un risultato egregio.



La sezione fotografica di Google Pixel 6a
Come avrete capito, Pixel 6a ci è piaciuto perché non pone alcun limite sull’esperienza complessiva e “pura” di Android 12. Poi, come da tradizione, vanta un reparto fotografico che reagisce con scatti al top. Merito dei collaudati algoritmi di intelligenza artificiale di Google, merito anche di soluzioni semplici quanto efficaci, come nel caso della doppia fotocamera posteriore così configurata:
- sensore primario Sony Imx363 da 12,2 Mpixel, f/1.7, Fov di 77°, con messa a fuoco dual pixel, stabilizzatore ottico;
- sensore ultra wideangle Sony Imx386 da 12 Mpixel, f/2.2, Fov di 114°.
- L’obiettivo per i selfie Sony Imx355 da 8 Mpixel si trova al centro del pannello Oled e vanta Fov di 84°.
Al chipset Tensor sono delegate alcune delle funzioni da flagship, come la “Gomma magica” per eliminare in post produzione elementi dalle foto con risultati che lasciano a bocca aperta; la gestione dell’Hdr sempre precisa; l’effetto bokeh che avviene con un livello di dettaglio di categorie superiori; la modalità notturna capace di massimizzare le luci e restituire foto ricche di dettaglio; lo “Scatto migliore” che esalta la fotografia computazionale perché lascia il compito al processore e al software di “costruire” la foto migliore.

Le foto che pubblichiamo in questa pagina sono state fatte con il Pixel 6a e sono rappresentative delle superbe doti. Certo, Google è stata “furba”: ha utilizzato sensori Sony che già conosceva perché usati in edizioni passate del Pixel e li ha ulteriormente ottimizzati con una parte software migliorata. Non fraintendeteci, la furbizia è l’arte di saper ottenere il massimo risultato in modo abile e sapiente.
Ci sono gli scatti a parlare per il Pixel 6a, che peraltro vanta un’interfaccia in linea con i modelli superiore seppure semplificata perché contiene le funzioni più utili ma non tutte. Per esempio, lo zoom proposto si ferma al 2x ed è effettuato con il classico crop del sensore principale. Lo smartphone arriva fino allo zoom digitale 7x ma la qualità scende e aumenta il rumore.



Eccellente, invece, il sistema di riconoscimento automatico della scena, che è identificato da un’apposita icona all’interno del generoso tasto di scatto virtuale, e che evita di passare manualmente, per esempio, dalla modalità standard a quella notturna.
A ciò si somma il fatto che la funzione Ritratto si applica tanto alle persone quanto agli oggetti: l’elaborazione dello sfondo sfumato avviene in post produzione e il risultato è di alto profilo, come dimostrano le foto che trovate di seguito.
Pixel 6a conferma ancora una volta quanto sia importante la qualità fotografica per Google. Così importante da costruirci intorno il modello entry dei Pixel e da giustificare la scelta di adottare il chipset Tensor. Proprio per non abdicare all’elevata resa qualitativa degli scatti e alla fluidità dei video in 4K a 30 fps.


L’unica osservazione qualitativa che abbiamo riscontrato è una leggera disomogeneità tra i colori della foto scattate con la fotocamera principale e con quella ultra wideangle. Il software compensa e cerca di mantenere la massima coerenza, però soprattutto sui toni caldi si nota che la seconda (anche per via del fattore f/2.4) tende a “caricarli”.
Invece la funzione Real Tone assicura una delle migliori riproduzioni finora viste dell’incarnato, rispettando le sfumature della pelle delle persone. Questo è un elemento che, da solo, aggiunge realismo agli scatti.
Galleria fotografica Goolge Pixel 6a
Angolo di apertura del sensore principale (77°) rispetto a quello ultra wideangle (117°)


Modalità di scatto: ultra wideangle (0,6x), normale (1x) e zoom (2x)






In questo terzo gruppo si noti come è gestito bene l’HDR mantenendo in perfetto bianco i balconi e bilanciando il porticato



Modalità bokeh




Nel riprodurre in modalità computazionale l’effetto bokeh (sfumato) dello sfondo, si noti come gli algoritmi rispettino in modo piuttosto preciso i contorni anche degli oggetti più impegnativi, come l’occhio del cavallino rosso oppure le aperture dietro le paratie verdi dello scivolo.
Modalità notturna: lux 0 (misurato con l’app Lux Meter per Android)


Foto varie


Grande autonomia ma software migliorabile
Chiudiamo questa nostra esperienza d’utilizzo parlando di due elementi cruciali di questa settimana di prove: l’autonomia da una parte; la release software dall’altra.
Iniziamo dalle buone notizie. La batteria da 4.400 mAh non ha problemi a tenere acceso il Pixel 6a per tutta la giornata lavorativa e si arriva alle 24 ore consecutive evitando di spremerlo a fondo sui social e con le app più gravose. La modalità di risparmio energetico traguarda senza problemi i due giorni d’uso ma rinunciando a tutti i vezzi tipici di Android, come le notifiche, la sincronizzazione in tempo reale dei dati in cloud e così via. Peccato che la ricarica supportata sia solo a 18 Watt, anche se il 6a non disdegna i 30 Watt. Per la cronaca, nel pacchetto non è incluso l’alimentatore ma solo il cavo Usb-C.

L’audio è un altro punto di forza, sia esso declinato nella riproduzione musicale o multimediale con gli speaker stereo, sia esso in funzione telefonica. Il doppio altoparlante esterno stereo è sufficientemente potente. La qualità delle conversazioni è buona ma il software installato sull’unità in test è aggiornato al 5 aprile 2022, build SD2A.220123.051.A3. La medesima che era presente sui Pixel 6 e 6 Pro quando li abbiamo ricevuti e che risentiva di una incostante sintonia delle reti wireless, ovvero 5G e Wi-Fi. Ci aspettiamo che con la release definitiva dedicata al Pixel 6a saranno corretti questi piccoli “buchi” di segnale.


Così come alcuni piccoli intoppi che abbiamo registrato nell’utilizzo ma che ci ricordano molto da vicino il comportamento, a suo tempo, dei 6 e 6 Pro. Proprio sull’esperienza d’utilizzo di questi modelli top, che è migliorata nel corso del tempo grazie agli update, basiamo la nostra valutazione che il 6a ha ancora margine di miglioramento. In particolare per la gestione del chipset Tensor che, in questi giorni di caldo estremo, ha più volte superato i 40° di temperatura e si sentivano tutti tenendo in mano il telefono.
In compenso, il chip Titan M2 è una vera chicca perché si prende carico di gestire tutte le funzioni di sicurezza di Android, dallo sblocco biometrico (efficiente quello del volto, ottimo quello con l’impronta digitale) alla crittografia dei dati e dei file, fino alla gestione delle password. Un supporto di questo tipo, ancora una volta ci ripetiamo, è tipico di smartphone con prezzi maggiori.