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PALADONE

Brevetti hi-tech: la battaglia si accende. L’Unione Europea sul piede di guerra contro la Cina. E come conseguenza è scattata – presso l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) ed è l’undicesimo caso – la denuncia nei confronti della Cina. La ragione? Aver impedito alle società europee di proteggere i loro diritti sui brevetti “essenziali standard”, come quelli sulle tecnologie di rete mobile 3G, 4G e 5G. Il vicepresidente dell’Ue, Valdis Dombrovskis, è stato chiaro: “Secondo i trattati, le aziende europee hanno il diritto di chiedere giustizia su condizioni eque quando la loro tecnologia viene utilizzata illegalmente. Ecco perché oggi avviamo le consultazioni al Wto. Dobbiamo proteggere la vivace industria tecnologica europea, un motore per l’innovazione del settore”.

Brevetti hi-tech: le giuste compensazioni

Ma cosa è successo? Secondo l’Ue la politica attuata dal governo cinese in materia di brevetti hi-tech risulta dannosa per l’innovazione e la crescita in Europa poiché non permette alle aziende tecnologiche del Vecchio Continente la possibilità di esercitare e far rispettare i diritti dai quali trarrebbero un vantaggio. In effetti, stando alle regole previste dal commercio mondiale i titolari di questi brevetti devono concederli in licenza ai produttori (è il caso degli smartphone) a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. Nel caso in cui tali condizioni non venissero rispettate – pertanto decide di procedere alla produzione dei device senza licenza – al titolare dei diritti spetta fare richiesta di compensazione. Ma dal mese di agosto 2020, l’esecutivo di Pechino ha deciso che i tribunali cinesi possono vietare ai titolari di brevetti di rivolgersi a un tribunale non cinese. Disponendo una sorta di ingiunzione ‘anti querela’, con multe da 130mila euro al giorno per tutti coloro che non si attengono al diktat. In proposito alcuni casi si sono già manifestati e hanno coinvolto le seguenti società: Conversant, Ericsson, InterDigital e Sharp. Dunque, la partita si apre con le procedure previste per trovare una soluzione sulla controversia. Dopo di che, trascorsi 60 giorni in caso di consultazioni andate a vuoto, all’Ue spetta la facoltà di chiedere al Wto di istituire un panel che decida in merito alla questione.