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Media e social network hanno fatto incetta di scatti, video e immagini che resteranno indelebile memoria di questi mesi chiusi a chiave. Più difficile da immortalare è l’impatto complessivo del lockdown a livello sensoriale e psicologico. Di fatto abbiamo vissuto una lunga sessione di mindfullness globale. Per chi abita le metropoli, le nostre giornate accelerate, iperattive e frenetiche, hanno subito un arresto improvviso e drastico, un’inchiodata imprevedibile, che ci ha obbligati a fare i conti con la logica “hic et nunc“, a notare i particolari dentro uno spazio-tempo concentrato tra le mura domestiche. Vita professionale e personale si sono inevitabilmente fuse e amalgamate in un tutt’uno senza soluzione di continuità, mentre sensi e sensibilità hanno sperimentato nuove e imprevedibili assenze e abbondanze.

Vista e udito: l’importanza del ritmo

Quasi certamente la vista è stato il senso messo più a dura prova da una quarantena di zapping tra un display e l’altro. Fuori le strade osservate dai balconi hanno mostrato assenze di auto e persone, compensate da abbondanze di prati, fiori e animali. Dentro gli appartamenti ci siamo bombardati di video in tutte le sue forme: streaming, game, chat, meeting, in un passaggio continuo da una stanza visiva all’altra, tra smart working, lezioni online, e digital entertainment. Il silenzio è stato a volte surreale: assenze di clacson, treni e aerei, e abbondanze di sirene e cinguettii.

Da una parte, display, pc e smartphone ci hanno regalato giornate produttive e ricche di contenuti audio-visivi. Dall’altra è emersa ancora più forte la necessità fisica e mentale di pause e regole contro l’abuso di schermi e suoni in cuffia.

In ottica di smart working, una regola di buonsenso è quella del “meno, ma meglio”. Minore durata delle riunioni a distanza, più preparazione, agende ben programmate e rispetto dei tempi. Per tenere viva l’attenzione è importante anche trovare il giusto mix tra coinvolgimento emotivo e puro trasferimento di informazioni, in una parola, serve “ritmo”.

Olfatto e gusto: sensi del passato, per un futuro più sostenibile

Assenza di smog e abbondanza di di erba, alberi e fiori: a Milano si è annusata un’aria diversa, mai così pulita nemmeno nelle domeniche di blocco del traffico, mentre sciami di biciclette e monopattini hanno invaso le strade della ripartenza. Rispolverati i vecchi ricettari della nonna, abbiamo riempito forni di dolci, torte salate, pizze e manicaretti cucinati con cura e pazienza. Le code ai supermercati ci hanno ricordato che esistono anche i negozi sotto casa, i macellai, le pescherie, e i fruttivendoli con prodotti a chilometro zero, spesso più saporiti e gustosi di quelli della grande distribuzione. I “viaggi” eno-gastronomici tra le mura domestiche hanno compensato la chiusura di bar e ristoranti, con buona pace di diete, lunch box, distributori automatici di cibo spazzatura, e mense aziendali. Pranzi e cene di famiglia sono state la regola e non più l’eccezione della domenica.

Immaginando di lavorare più spesso da casa, piccoli cambiamenti nelle abitudini di consumo, spostamenti urbani ridotti e smart, insieme ad adeguati incentivi e infrastrutture urbane, proiettano uno scenario futuribile e non solo futuristico, di città più vivibili, ecosostenibili, con più sharing di mezzi di trasporto alternativi e meno inquinanti.

Tatto: il senso della consapevolezza del nostro spazio prossemico

Per mesi non abbiamo sfiorato alcun essere umano che non fosse nostro coabitante. Costretti al metro di distanza ci siamo dimenticati di baci, strette di mano e abbracci. Lo spazio prossemico ha assunto una rilevanza senza precedenti: i nostri confini si sono espansi oltre l’area occupata dal nostro corpo, mentre la nostra libertà di movimento si è ridotta dentro a stanze di pochi metri quadri. All’esterno, il tatto è stato filtrato da amuchina, disinfettanti e guanti di plastica, mentre in casa, abbiamo scoperto che ci si può tenere in forma anche senza spostarsi, e che impastare, disegnare, costruire, lavare e pulire, sono esperienze tattili che rilasciano meravigliose endorfine.

La consapevolezza del sé fisico e la propriocezione, ossia la capacità di percepire la nostra posizione e dimensione nello spazio fisico, sono sensibilità che si sono accresciute col lockdown, e che se utilizzate correttamente, ci aiuteranno a mantenere quel distanziamento fisico di sicurezza, senza rinunciare alla vicinanza sociale e all’interazione interpersonale in presenza.

Insomma, i nostri recettori sensoriali sono stati messi alla prova da una clausura forzata e improvvisa, e si sono adattati a nuove e imprevedibili assenze e abbondanze, modificando per qualche mese la nostra percezione della realtà.

Saremo in grado, sfruttando una rinforzata resilienza e un iper-stimolato cervello emotivo, di far tesoro di questa esperienza unica e speriamo irripetibile, anche quando saremo tornati a una situazione di normalità post pandemica?

La sfida è iniziata.