
Internet e social in Italia sono sempre più pervasivi, fruiti mediante gli smartphone, da una quota in sensibile aumento di bambini e minori: tuttavia, secondo la XIV edizione dell’Atlante di Save the Children, intitolato “Tempi digitali”, sono scarse le competenze in materia e di cui dispongono. Il che determina non poche apprensioni, in uno scenario che evolve sempre più rapidamente.
Internet: l’approccio dei bambini in Italia
Nel nostro Paese il 78,3% di bambini tra gli 11 e i 13 anni utilizza Internet tutti i giorni e lo fa soprattutto attraverso lo smartphone. Si abbassa sempre di più l’età in cui si possiede o utilizza un device, con un aumento significativo di bambini tra i 6 e i 10 anni che utilizzano il cellulare tutti i giorni dopo la pandemia: dal 18,4% al 30,2% tra il biennio 2018-19 e il 2021-22. Nonostante questo utilizzo diffuso, nella mappa europea sulle competenze digitali dei 16-19enni, l’Italia si posiziona quart’ultima: la quota di giovanissimi con scarse o nessuna competenza è del 42%, contro una media europea del 31%. Se guardiamo ai giovanissimi che hanno acquisito elevate competenze digitali, gli italiani sono poco più di 1 su 4 (il 27%), a fronte del 50% dei coetanei francesi e del 47% degli spagnoli. Il dato medio italiano nasconde ampi divari territoriali, con il Sud che ha oltre la metà dei ragazzi con scarse o nessuna competenza (52%) e il Nord e il Centro più vicini ai valori medi europei (34% e 39%).
Save the Children: la vita dei bambini è “datificata”
L’Atlante di Save the Children è una fotografia dell’Italia in un tempo in cui la vita dei bambini è “datificata”, registrata e condivisa sul web, ed esplora le opportunità e i rischi che bambini, bambine e adolescenti stanno affrontando dentro la nuova rivoluzione dell’onlife e di una vita spesa tra reale e virtuale. E se da un lato emergono le conseguenze di una sovraesposizione al digitale, dall’altro ci sono anche quelle dell’essere esclusi dalla dimensione online, se non si ha accesso alla rete o si è privi di competenze. Nella pubblicazione di Save the Children, dati, mappe e interviste fotografano il bisogno di protezione per i più giovani mentre affrontano le “opportunità rischiose” della rivoluzione digitale in un’Italia che sconta ancora ritardi e carenze sulla strada per la transizione digitale, collocandosi al 18esimo posto tra i 27 stati membri dell’Unione Europea rispetto alla digitalizzazione dell’economia e della società. Per quanto riguarda la connettività, le famiglie con accesso alla banda ultra larga a fine 2022 erano il 52% (dato significativamente aumentato rispetto al 2016, quando erano appena l’8%), con la provincia di Milano in vetta alla classifica (86,6%) e Isernia in fondo (32,4%). E ancora. Tra gli adolescenti cresce anche il tempo trascorso online: a inizio 2023 quasi la metà (il 47%) dei 3.400 11-19enni intervistati in occasione del Safer Internet Day ha dichiarato di passare oltre 5 ore al giorno online (era il 30% nel 2020) e il 37% controlla lo smartphone più di dieci volte al giorno.
Digitale, la tutela dei minori e il cyberbullismo
Secondo il Rapporto stilato da Save The Children, la giornata dei ragazzi ruota, in gran parte, attorno all’universo digitale ed è anche attraverso la vita online che si modella la loro identità, amicizie comprese. Se per molti adolescenti stare in rete, scambiarsi contenuti e messaggi, può essere un elemento di apertura al mondo, di fuoriuscita dall’isolamento con la possibilità di scoprire interessi e condividerli, per altri può rappresentare una sfida che crea ansia: sui social gli adolescenti si rappresentano e la loro identità in formazione è sottoposta, istantaneamente, all’approvazione o al rifiuto di un pubblico potenzialmente smisurato. Nonostante la legge preveda che un utente possa avere accesso ai social solo dopo aver compiuto 13 anni, la realtà mostra una presenza massiccia di preadolescenti che hanno aperto un profilo indicando un’età maggiore o hanno usato quello di un adulto, spesso un genitore più o meno consapevole: il 40,7% degli 1113enni in Italia usa i social media, con una prevalenza femminile (47,1%) rispetto a quella maschile (34,5%). Il tema non riguarda però solo i social e il problema della verifica dell’età è diventato centrale per chi si occupa di attività online: bambini e adolescenti utilizzano piattaforme, tecnologie, software, algoritmi che non sono stati progettati per loro, correndo numerosi rischi. Inoltre, tra gli 11 e i 13 anni sono in aumento gli atti di cyberbullismo. Le ragazze sono più frequentemente vittime di atti di cyberbullismo, ma esiste anche una quota di “bulle” che colpiscono le compagne per isolarle e deriderle soprattutto negli anni della preadolescenza, quando i tempi di crescita non sono uguali per tutte. Spesso la scuola si trova impreparata a intercettare questi fenomeni: nelle scuole secondarie di secondo grado che hanno partecipato al monitoraggio sulla piattaforma istituzionale ELISA, i docenti stimano che la percentuale di studenti e studentesse coinvolti nei fenomeni di bullismo e cyberbullismo sia poco meno del 6%, un dato lontano dalla percentuale di coinvolgimento nei fenomeni dichiarata dai ragazzi. Scarsa anche la conoscenza sugli strumenti di prevenzione di cui le scuole già dispongono.
Social, gaming e i rischi delle fake news
E passiamo al tema dei social. Nell’Atlante di Save the Children emerge che ragazze e ragazzi sfruttano la connessione per molteplici attività, a partire dalla messaggeria istantanea, utilizzata dal 93% dei 14-17enni. Tra le altre attività online preferite dagli adolescenti ci sono: guardare i video (84%, in crescita), frequentare i social media (79%) – con Facebook in drastico declino mentre avanzano Instagram, TikTok e Snapchat – e l’uso dei videogiochi (72,4%). Se le ragazze frequentano con più costanza e intensità i social media (84% contro il 74% dei maschi), il gaming impegna di più i ragazzi (81% contro il 64% delle ragazze) anche se le videogiocatrici sono in crescita. I videogiochi – che in Italia sono un mercato in continua espansione rappresentato per il 47% da giovani tra i 6 e i 24 anni – sono luoghi sociali dove bambini e adolescenti costruiscono anche la propria identità, luoghi valoriali dove i più giovani discutono e si confrontano su molteplici tematiche, ma che li espongono anche a pericoli, dal rischio di bullismo a quello di non comprendere le regole della privacy o le modalità di interazione con gli altri giocatori o di subire le scelte degli algoritmi. Ma i giovani utilizzano la connessione anche per informarsi: il 28,5% degli 11-17enni legge riviste e giornali online (percentuale che sale al 37% nella fascia 14-17 anni) e sfrutta i social media come canali di informazione, anche se non sempre dichiara di sapersi difendere dalle insidie delle fake news. Ed è proprio la disinformazione o la cattiva informazione il timore principale per il 49% di adolescenti e pre-adolescenti in Italia che hanno partecipato a un sondaggio di Microsoft sulla percezione della sicurezza online, più della violenza, del cyberbullismo e dei discorsi d’odio. Tra i pre-adolescenti (11-13 anni), secondo l’Istat (anno 2022), sono soprattutto le ragazze a utilizzare la connessione per leggere notizie online (21,2% delle femmine contro il 13,7% dei maschi) o e-book (19,8% contro il 13,6%), confermando la tendenza che vuole le ragazze lettrici più assidue dei ragazzi, sia di libri di carta che su supporto digitale. social media sono anche utilizzati per diffondere conoscenze e informazioni e fare attivismo, sfruttando anche la facilità di collaborazione e di partecipazione che offrono le piattaforme digitali per creare un cambiamento significativo: tra i ragazzi e le ragazze che navigano in rete, il 14% degli 1113enni e il 29% dei 1417enni sono soliti esprimere opinioni su temi sociali o politici su web (ad es. blog, social network), con una differenza di genere nella fascia dei più grandi: il 27,5% dei maschi e il 30,6% delle femmine[11].
Genitori onlife e l’eccesso di esposizione a Internet
Nonostante le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – accolte anche in Italia dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) – di non utilizzare dispositivi digitali per i bambini di età inferiore ai 2 anni, secondo una recente indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia il 22,1% dei bambini di 2-5 mesi passa del tempo davanti allo schermo (tv, computer, tablet o smartphone), per la maggior parte per meno di un’ora al giorno. I livelli di esposizione crescono con l’aumentare dell’età: se si considera il tempo di fruizione complessivo, che va da meno di un’ora a oltre tre ore, la percentuale di bambine e bambini che ha un’esposizione agli schermi tra gli 11 e i 15 mesi d’età in media arriva al 58,1%, quasi 3 su 5. Oltre 1 bambino su 6 tra undici e quindici mesi è esposto a schermi almeno un’ora al giorno, il 3% per tre ore e più al giorno. Tra i rischi dell’esposizione troppo precoce e prolungata, oltre al possibile impatto negativo sullo sviluppo cognitivo, linguistico e emotivo del bambino, nel lungo periodo c’è quello di favorire comportamenti sedentari e obesità infantile. Non solo degli schermi, c’è anche un alto utilizzo degli assistenti vocali: il 46% delle famiglie con almeno una figlia o un figlio entro gli 8 anni d’età è in possesso di un assistente vocale, tra questi 1 bambino su 3 interagisce con questi apparecchi in autonomia, nonostante non siano stati progettati per loro. Se da una parte questi strumenti possono migliorare le capacità comunicative dei bambini (per esempio per l’apprendimento di una lingua straniera o per altre applicazioni didattiche), dall’altra possono avere effetti dannosi sullo sviluppo cognitivo e sociale dei più piccoli, che rischiano di interagire con queste macchine come se si trattasse di esseri umani, attribuendo loro caratteristiche mentali e sociali che evidentemente non hanno. Pratiche più o meno inconsapevoli, come quello dello sharenting (la condivisione da parte dei genitori di dati, foto e informazioni del proprio figlio attraverso app e social media), possono esporre i bambini a gravi rischi: dallo sfruttamento sessuale alla violazione della privacy e all’accesso illegale a dati potenzialmente sfruttabili in modo improprio da criminali informatici, per esempio per il furto dell’identità digitale. Rischi che possono mettere a repentaglio anche la sicurezza fisica dei minori, oltre a provocare danni emotivi, dal momento che immagini e informazioni continueranno a circolare in rete anche quando il bambino crescerà, ma di cui i genitori sembrano non essere quasi mai consapevoli, tanto che il 73% dei bambini che vive in Europa è presente online prima dei due anni di età.
Internet: i più diffusi fenomeni di dipendenza
L’Atlante di Save the Children evidenzia che in Italia le ragazze e i ragazzi di 11, 13 e 15 anni che mostrano un uso problematico dei social media sono il 13,5%. Sono soprattutto le ragazze a soffrirne e l’età più critica è quella dei 13 anni: tra le principali motivazioni dell’uso intensivo c’è quello di scappare da sentimenti negativi. Per quanto riguarda, invece, i videogiochi, il 24% dei giovani di 11, 13 e 15 anni ne fanno un uso problematico: qui sono però i ragazzi ad essere più esposti e l’età, in questo caso, si abbassa a 11 anni. I comportamenti a rischio di dipendenza tecnologica, da social media o da gioco online, sono correlati a un aumento dell’ansia sociale, della depressione e dell’impulsività, nonché a una peggiore qualità del sonno e a un rendimento scolastico scarso. Un uso intensivo di internet è associato anche a una maggior rischio di sovrappeso o obesità, a causa dell’inattività (navigare a lungo vuol dire stare molte ore seduti, per lo più fermi), e per le cattive abitudini alimentari legate all’iperconnessione. In Italia è in crescita il numero di ragazze e ragazzi obesi o in sovrappeso: sono soprattutto al Sud, con la Campania in testa (31,6%) e dove è maggiore anche la percentuale di 6-17enni che usano il cellulare tutti i giorni (fino all’83%) e si pratica meno sport.
Internet: prevenzione e assistenza per i minorenni
Sul tema Internet, dice Save the Children, la prevenzione è un primo importante passo e dovrebbe concentrarsi sui più giovani visto che i più alti tassi di dipendenza dal web si riscontrano durante l’infanzia e l’adolescenza e necessita di un approccio congiunto di scuola e famiglia. Benché ancora non esista una definizione univoca di dipendenza da Internet, nel nostro Paese ci sono 87 centri territoriali che offrono assistenza ai minorenni attraverso équipe multidisciplinari formate da psicologi, assistenti sociali, educatori. Delle 10mila persone, tra giovani e adulti, che finora hanno contattato questi servizi, la fascia d’età più rappresentata è quella dei 1517enni (con il 13,7% dei maschi e il 9,2% delle ragazze) mentre quella tra 0 e 17 anni, nel suo complesso, costituisce quasi il 30% del totale. Per quanto riguarda le diagnosi, al primo posto c’è una generica dipendenza da Internet: a seguire, Internet gaming disorder, dipendenza dalle relazioni virtuali, da sesso virtuale, shopping online e sovraccarico cognitivo (o information overloading), ovvero la ricerca ossessiva di informazioni sul web. Spesso molte di queste dipendenze sono collegate anche con altri fenomeni: è emerso, per esempio, che ragazze e ragazzi che presentano un uso problematico di internet hanno anche una probabilità maggiore di soffrire di disturbi dell’alimentazione o mostrano un maggiore consumo di alcol e ansiolitici.
Il fondamentale ruolo della scuola
Nel processo di alfabetizzazione digitale, la scuola svolge un ruolo fondamentale. Specialmente nell’insegnare a utilizzare i linguaggi e gli strumenti in modo adeguato e sicuro. Dotare tutte le scuole di una connessione veloce e stabile e di strumenti digitali adeguati rappresenta il prerequisito essenziale per ridurre il digital divide. Ma anche per combattere la povertà educativa digitale, dando cioè priorità agli istituti situati in aree particolarmente svantaggiate dove maggiore è l’incidenza della povertà materiale ed educativa. In questa direzione, una svolta importante è attesa con il PNRR, che prevede 2,1 miliardi di euro per finanziare il Piano Scuola 4.0 con interventi per il cablaggio, l’innovazione degli ambienti per l’apprendimento e degli strumenti digitali in tutte le scuole, oltre che 800 milioni su formazione digitale dei docenti. Il digitale è un potente strumento per innovare e sperimentare, oltre che per l’inclusione. Tra le applicazioni più sperimentate negli ultimi anni c’è il gaming applicato alla didattica: dalle Escape Room per imparare le declinazioni del greco antico all’utilizzo del videogame Minecraft, passando anche per il coding, ovvero la programmazione informatica, (attività che favoriscono la creatività, il problem solving e il lavoro di squadra). Negli ultimi anni sono aumentate anche le tecnologie didattiche che favoriscono l’inclusione degli alunni con disabilità. In Italia il 76% delle scuole primarie e secondarie dispone di postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni con disabilità, tra i territori più virtuosi: la Provincia autonoma di Trento (88%), Umbria (84%), EmiliaRomagna (83%); la Sardegna, invece, presenta la percentuale più bassa (66%). In questo grande processo di transizione della scuola gioca un ruolo fondamentale la formazione degli insegnanti per facilitare l’integrazione dei linguaggi del digitale con quelli più tradizionali, in un quadro di innovazione dove anche gli stessi insegnanti si interrogano su come l’intelligenza artificiale trasformerà il loro lavoro. Su questo però l’Italia sconta un corpo docenti abbastanza anziano: oltre tre docenti delle scuole secondarie su quattro hanno più di 50 anni e hanno iniziato la loro carriera quando la rivoluzione tecnologica non era ancora all’orizzonte.