RUSSELL HOBBS

Google, oggi 12 settembre, è chiamata a processo negli Usa per violazione delle norme Antitrust. Il processo vedrà sfilare ben centocinquanta testimoni, per una durata superiore a due mesi, con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti pronto a dimostrare che il colosso di Mountain View ha abusato illegalmente della sua posizione dominante nel mercato dei motori di ricerca per mantenere il monopolio.

L’accusa del Dipartimento di Giustizia

Google è accusata di aver illegalmente soffocato la concorrenza pagando miliardi di dollari ad Apple e ad altri partner commerciali per garantire che il suo motore di ricerca diventasse quello predefinito sulla maggior parte dei telefoni e dei browser web.  La causa del governo, intentata nel 2020 presso un tribunale federale, sostiene che Google intendeva che questi accordi fossero “esclusivi”, negando ai rivali l’accesso alle query di ricerca e ai clic e consentendo a Google di consolidare la propria posizione dominante sul mercato. Secondo le stime del governo, negli ultimi anni Google ha conquistato una quota di mercato del 90% nella ricerca negli Stati Uniti. Il governo ha affermato che gli accordi sui browser – che indirizzano miliardi di query web a Google ogni giorno – hanno comportato una minore scelta per i consumatori e una minore innovazione.

Google e la sua visione sulla questione

Ovviamente è ben diversa la visione di Google.  Che ribadisce di non aver commesso alcuna violazione, sostenendo che i suoi accordi sui browser erano “concorrenza legittima” e non “esclusione illecita”, dal momento che i competitor hanno potuto operare e agire (leggi alla voce Mozilla). Non solo: secondo il gruppo guidato da Sundar Pichai i produttori di smartphone e browser web hanno impostato la ricerca di Google come predefinita con l’obiettivo di offrire ai propri clienti un’esperienza di “massima qualità”. Insomma, ora il Dipartimento di Giustizia ha l’onere di dimostrare che gli accordi commerciali di Google. E – ove ottenesse ragione – sarebbe pronta a chiedere anziché una sanzione pecuniaria, un’ingiunzione che impedisca a Google di continuare le presunte pratiche anticoncorrenziali. Il che avrebbe pesanti ripercussioni commerciali. In attesa che prenda il via il dibattimento, il “Caso Google” ha una rilevanza facilmente intuibile e si tratta di una delle più importanti sfide al mondo tecnologico da quando il Dipartimento di Giustizia ha citato in giudizio Microsoft nel 1998 per la sua posizione dominante sul mercato dei personal computer. Il tribunale di primo grado in quel caso ha ritenuto che Microsoft avesse tentato illegalmente di bloccare il browser rivale Netscape Navigator. Successivamente Microsoft raggiunse un accordo che lasciò intatta la società.