starfield igizmo
RUSSELL HOBBS

Stiamo giocando a Starfield da diverso tempo ormai e non possiamo che definirlo bellissimo. Ci riporta ai tempi in cui Bethesda puntava sulla serie Elder Scroll, in tutte le sue sfaccettature, ma con un approccio tutto nuovo per qualità, estetica, complessità e scenografia. Starfield è un continuo susseguirsi di sorprese, meravigliose scoperte ed esperienze di gameplay centrate sullo spazio che lasciano correre la fantasia e tengono avvinti al gioco. Ma per arrivare la vero coinvolgimento, quello che fa scattare la voglia di continuare a giocare, ci vuole almeno una dozzina d’ore. E le abbiamo passate tanto sulla Xbox S tanto sul pc (un top di gamma della serie Evo con scheda grafica integrata nel chipset di Intel e non discreta). Lo abbiamo scaricato con Game Pass ed è bello scoprire come ci sia correlazione tra lo sviluppo su console e quello su pc.

Ma diamo ragione a al reviewer di PC Gamer Christopher Livingston, che ha scritto: “Ci sono volute circa una dozzina di ore prima che iniziassi a divertirmi davvero” con il gioco di ruolo fantascientifico per Xbox e PC. Dan Stapleton di IGN è rimasto colpito: “Devo dire che le prime ore sono piuttosto difficili e c’è stato un momento in cui mi chiedevo se le stelle si sarebbero mai allineate”. Su The Guardian, il critico Simon Parkin ha scritto che il gioco inizia “blandamente” ma col tempo “l’ampiezza dell’ambizione e dell’immaginazione di Starfield viene rivelata”. Ci siamo serviti di queste testimonianze perché è la medesima nostra esperienza: all’inizio si va avanti facendosi coinvolgere dalla scenografia spaziale e poco altro, dalla continua scoperta di come si viaggia tra i pianeti e la possibilità di vivere un’esperienza futuristica come ce la siamo sempre immaginati fin da bambini. Ma Starfield mette il turbo solo dopo alcune ore: entra nel vivo e crea dipendenza.

Questo sentimento è così comune che sui canali gaming di Reddit, i giocatori hanno iniziato a prepararsi affinché i nuovi arrivati ​​si lamentino della loro esperienza fino a quando non raggiungono le avventure nelle quali Starfield diventa un vero capolavoro di coinvolgimento. Il consenso generale è che il gioco fallisce durante le sue ore di apertura, quando insegna ai giocatori come pilotare un’astronave e a eseguire la scansione dei pianeti alla ricerca di risorse, ma migliora molto se si rimane fedeli e si scoprono le piccole e bizzarre delizie nascoste negli angoli del gioco. Un universo espanso e variegato, nelle quali le sottotrame vanno sperimentate. Non è solo uno sparatutto in prima persona alla Call of Duty, non è un role play in FPS; non è pura fantascienza e non è solo strategia. È un mix perfettamente riuscito. Ma bisogna avere pazienza.

Un po’ come quando ci si approccia a un film, a una serie o a un libro con tante aspettative ma ci si ritrova al cospetto di un inizio lento, che richiede di investire del tempo prima di essere affascinati. Di solito questo tempo è usato dall’autore, dal regista, dallo showrunner per creare empatia con lo spettatore e per saldare nella mente alcuni elementi della trama per supportare i colpi di scena successivi e le vicende che più rendono unica l’esperienza di visione o di lettura.

Ma i videogame sono una cosa completamente diversa e strutturarli in questo modo rischia di fare perdere la pazienza agli utenti. I gamer vogliono entrare nell’azione, subito: che sia Fifa, CoD o altro, la frenesia o la strategia o la competizione sono foriere delle scariche di adrenalina che si cercano giocando. Starfield è più complesso e articolato, perché punta a usare il meccanismo dei film e dei libri per creare empatia e adesione mentale, per poi costruire il flusso del gioco. La partecipazione diretta e frenetica arriva dopo. In un gioco “normale, le sinapsi devono essere attivamente impegnate per progredire nell’avventura: non ci si può distrarre, scorrere le pagine scritte e ignorare in dialoghi. Se poi un videogioco è noioso, sembra peggio delle forme passive di intrattenimento perché per di più richiede la piena attenzione.

E poi c’è l’impegno in termini di tempo. Uno spettacolo televisivo potrebbe richiedere uno o due episodi di allestimento per diventare eccezionale. Starfield, d’altra parte, riserva le prime 12 ore perché è necessario arrivare a utilizzare sapientemente tutti gli strumenti disponibili, dalla nave stellare agli oggetti ai viaggi tra i pianeti, prima che l’azioni entri nel vivo e si sperimenti tutto quello che c’è di speciale. Anche se le centinaia di ore che seguono sono davvero meravigliose, si tratta di una barriera all’ingresso che non deve scoraggiare ma, anzi, deve essere superata perché propedeutica ed educativa. Altrimenti le ore che seguono diventano pressoché impossibili da affrontare.

Chi vi scrive ha giocato a Starfield per diverse ore ed è stato conquistato fin dall’inizio, persino dopo un’ora non ha sentito alcuna delle note più noiose che hanno reclamato online. In più riprende e sintetizza tutti i concetti che negli 30 anni hanno appassionato lo scrivente nei titoli firmati da Bethesda Game Studios. Se non siete disposti a investire un po’ del vostro tempo per essere attirati senza possibilità di staccarsi da Starflied, cercate pure altrove. Ma un gioco come Starfiled è un capolavoro che merita di vivere e affrontare tutto ciò che comporta. E, per dirla tutta, i bug non sono un problema: pazienza, si aggiusteranno con le patch successive. Conta più il resto.