
I numeri di Spotify – la piattaforma streaming musicale – si dimostrano più forti delle polemiche scatenate Joe Rogan. Nei mesi precedenti il suo podcast sul tema dei vaccini (accusato di fare disinformazione) aveva portato alcuni cantanti famosi – tra i quali Neil Young e Joni Mitchell – ad abbandonare la piattaforma. E allora, vendiamo ai risultati. Nel primo trimestre 2022, che è andato in archivio lo scorso il 31 marzo, la compagnia dello streaming musicale ha dichiarato che i suoi abbonati premium sono aumentati del 15% su base annua, raggiungendo la quota di 182 milioni, rispetto ai 180 milioni del trimestre precedente. Gli utenti attivi mensili sono aumentati del 19% anno su anno a 422 milioni, rispetto ai 406 milioni alla fine dello scorso anno. Dunque, per una Netflix che rallenta, nel mondo dello streaming c’è chi cresce. E questo nonostante l’ex copia della Casa Bianca, gli Obama, non sembrano intenzionati a rinnovare il contratto triennale che li ha legati a Spotify per l’ammontare di 25 milioni di dollari.
La forza di Spotify e l’abbandono della Russia
Dati alla mano, Spotify è considerato il più grande servizio di streaming audio del mondo. Anche se i competitor non pubblicano gli indicatori con regolarità, gli ultimi dati pubblici compilati da Music Ally hanno visto Apple Music con 60 milioni di abbonati e Amazon Music con 55 milioni. Rispetto alle previsioni, le performance collezionate da Spotify sono leggermente inferiori a causa della sospensione dei i suoi servizi in Russia (dove aveva registrato un lancio di successo) alla fine di marzo, registrando così visto 1,5 milioni di disconnessioni per andare oltre i 2 milioni entro la fine del mese di aprile. Tornando ai dati, la società ha realizzato un utile di 131 milioni di euro, sempre nel trimestre di riferimento, mentre le entrate medie per utente di sono leggermente diminuite per gli abbonati premium nell’ultimo trimestre da 4,40 a 4,38 euro, sebbene siano aumentate del 6% anno su anno.