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La sessione estiva dell’assemblea pubblica di Optime segue, come da tradizione, la riunione privata che si è tenuta poche ore prima. In quest’ultima sede per il 2020 sono stati deliberati una serie di interventi: l’approvazione del bilancio, l’ampliamento del numero di membri (si annovera ora Dario Bossi, Ancra Confcommercio) ed è stato confermato il ruolo della Federazione come parte civile nei procedimenti legati alla tutela del mercato, non soltanto con azioni promosse direttamente ma anche per aggregazione di altri procedimenti in essere. Sul palco dell’assemblea pubblica, dopo, si avvicendano i relatori di industria, retail e associazioni coinvolte nell’Osservatorio permanente per la tutela in italia del mercato dell’elettronica.

Il momento di sintesi spetta a Davide Rossi, Presidente di Optime che richiama l’attenzione su una serie di punti cruciali per lo sviluppo corretto, sano e sostenibile del mercato italiano di uno dei settori portanti per innovazione e impatto sulla vita personale e lavorativa di ciascuno di noi: la consumer electronics. Rossi centra il baricentro su un concetto: “Stiamo presidiando molto bene il perimetro della tutela dei consumatori, mentre di quella del mercato c’è ancora molto lavoro da fare”. Il business è troppo soggetto a dinamiche anticompetitive o, meglio, che sfavoriscono chi segue le regole e offrono rigori a porta vuota per chi gioca la partita senza adeguarsi alla normativa.

Si prenda il caso del nuovo decreto sulla copia privata. Dice Rossi: “Il Ministro poteva (e non l’ha fatto) decidere il modo per obbligare tutti a pagare questo contributo e destinare una parte dei proventi al sostenimento di una task force di tutela del mercato. Ma si è data importanza solo alla raccolta a favore della Siae. Basta dunque che arrivino a destinazione i 160 milioni di euro, quando invece andrebbe rivista la strategia complessiva ed emerge la necessità di un impegno più forte, preciso e moderno alla problematica della corretta raccolta dei proventi da parte di tutte la parti obbligate a versarli. La Siae deve prendere una posizione, velocemente e in modo nuovo”.

Se la copia privata è un tema rovente, quello della mancata raccolta dell’Iva è esplosivo. Il Presidente di Optime spiega: “L’evasione avviene sui prodotti in reverse charge: vale a dire principalmente cellulari, tablet, pc, dispositivi personali e videogame. Questo strumento è utile ma non funziona nel modo adeguato in questo contesto di mercato afflitto da tantissime realtà che operano online e offline in modo discutibile, con partite Iva che spariscono dopo aver accumulato un enorme debito dell’imposta. A conti fatti sono truffatori dello Stato che innestano il loro successo sulla fiducia ottenuta ai consumatori attraverso la credibilità offerta dalle principali piattaforme online. Le quali hanno una responsabilità oggettiva perché possono tracciare con precisione i flussi monetari: non ci si può più limitare a dichiararsi come un mero intermediario si allineano profitti derivanti dalla vendita dei beni e servizi. Deve essere fatto un passo in più: le piattaforme non sono agenti dell’Agenzia delle Entrate ma si possono attuare correttivi efficienti ed efficaci. La proposta di Optime è stata mandata ai rappresentati parlamentari come aggiunta al Decreto semplificazioni trasformando le piattaforme in sostituto d’imposta almeno per il regime della reverse charge. In modo semplice, si chiede alla piattaforma di girare il 22% di ogni prodotto venduto allo Stato”.

C’è anche il Raee

Rossi chiude l’elenco degli interventi da attuare citando il Raee, perché “non va dimenticato in quanto si tratta di tasse ambientali che qualcuno non paga. Evadere questo genere di contributi significa impattare in modo negativo sulla collettività: bisogna intervenire con decisione”. L’intervento del Presidente di Optime è stato in continuità con la posizione tenuta da Fabrizio Longoni, Direttore generale di Cdc Raee. Uno speech deciso, ma chiaro e incisivo: “La difesa del mercato dipende soprattutto dalle persone che hanno la responsabilità di controllare. Purtroppo nel nostro Paese non c’è competenza da parte di chi lo deve fare né la voglia di lavorare. Lo dimostra l’assenza da quasi un anno (20 maggio 2019) dell’organo apicale che monitora l’attività dei produttori di Aee, il Comitato di vigilanza e controllo Raee di emanazione ministeriale”. Per raddrizzare le sorti c’è una strada da seguire secondo Longoni: “Serve un po’ di competenza per chi deve agire nel concreto, anche per la gestione effettiva del Raee, e manca anche la voglia, per via della mancanza di entusiasmo sull’argomento”.

Per Francesca Chiocchetti, Public affairs manager in Samsung, è “importante fare sistema e costruire un contesto di dialogo allargato a più livelli per sensibilizzare le istituzioni sulla realtà effettiva del mercato e sulla necessità di un corpus normativo adeguato al contesto attuale, ossia impostato su regole eque nella competizione tra i canali di vendita”.

La necessità di educare, tra Optime e Aires

C’è voglia di tornare alla normalità, alla relazione fisica e meno intermediata dal digitale. Per Andrea Scozzoli, Presidente di Aires, emerge una “nuova chiave di lettura per il mercato: la perfetta sinergia tra fisico e virtuale, tra online e offline”. Optime nasce da un movimento di Aires, a Scozzoli spetta il compito di tracciare il percorso che sta compiendo l’Osservatorio: “Bisogna prendere direzioni precise e forti per affrontare lo scenario. La difficoltà degli ultimi anni deriva principalmente da due fattori: da una parte la velocità con cui le nuove tecnologie hanno modificato il modo di vivere e di fare business; dall’altra la lentezza con cui la politica e le istituzioni hanno inquadrato la necessità di adeguamento del framework normativo all’evoluzione tumultuosa nella società. Questa diversità va rimarcata e sottolineata per attivare il percorso di formazione degli ambienti politici al fine di attuare i correttivi necessari: per questo la collaborazione tra le istituzioni e Optime diventa fondamentale. La politica ha ritardi enormi e la funzione di Optime è cruciale in questa fase; l’entusiasmo che ancora permea la nostra attività è testimonianza che abbiamo individuato il centro del problema dopo una serie di istanze che stavano nascendo in seno al mercato e di cui nessuno si stava occupando attivamente”.

Il discorso si porta sul ruolo delle associazioni in questo momento storico. Dice Scozzoli: “Ci siamo resi conto dell’importanza di questi contenitori associativi perché hanno rappresentato una delle poche luci in un periodo di lunga percorrenza del tunnel, soprattutto in supporto agli associati che hanno attraversato momenti confusi e difficili derivati dalla sequenza di norme locali e nazionali. Le associazioni hanno garantito le risposte necessarie e l’aiuto indispensabile per mantenere viva l’attività dei punti vendita dell’elettronica di consumo, giustamente paragonati ai negozi di prima necessità in quanto offrono prodotti necessari per la produttività e il lavoro. I punti di riferimento offerti dall’associazioni hanno dato la giusta lettura dell’impianto normativo, aiutando il comparto della Ce a uscire dai momenti critici e ora sta ripartendo con la giusta verve in attesa della normalità. I mesi che ci si prospettano sono contrassegnati da potenziali minacce, dovute a questa situazione ibrida e all’incertezza della ripresa a pieno regime, ma anche da opportunità. Ed è un ulteriore motivo che rafforza la necessità dello stretto contatto che deve esserci tra associazioni e istituzioni, con mesi a venire puntellati da passaggi importanti come lo switch-off del segnale Tv nel 2021 e gli investimenti dichiarati per favorire la diffusione banda ultra larga tra le famiglie. Tutti ambiti nel quale diventa necessario capire come elargire in modo corretto e attivo i bonus collegati”.

Nel corso del tempo Optime ha, secondo Scozzoli, “assunto il ruolo di sentinella/controllore dei fenomeni distorsivi che si stanno verificano online e anche di formatore e informatore delle istituzioni sugli scenari del mercato. Il documento di sintesi del 2020 vuole essere una sorta di manuale d’utilizzo su cosa sta succedendo sul web e su sono i modi illegali che si stanno sviluppando al fine di adescare i consumatori. Il focus si sta spostando dalle attività tipicamente illecite verso comportamenti non strettamente illeciti ma che sono in concreto manovre di concorrenza sleale e asimmetrica dovuti a vuoti normativi. Tutti atteggiamenti borderline che forzano la struttura legislativa e regolatoria e generano pesanti squilibri competitivi. E questo ragionamento non è più strettamente legato solo all’elettronica di consumo ma si sta rapidamente allargando anche ad altri comparti di mercato”. Non è una situazione che piace all’industria, ai quali interessa operare in un mercato libero e pulito, nel pieno rispetto delle regole. Non è un caso che i brand stiano aderendo a Optime.

Il ruolo dei negozianti

All’assemblea pubblica di Optime hanno partecipato anche i portavoce dei negozianti. Come nel caso di Marco di Lernia, nuovo presidente di Aifoto: “L’espansione del commercio elettronico ha enfatizzato le problematiche nel mercato imaging con la diffusione dei marketplace che offrono prodotti sviando le regole in vari modi: importazione parallela, grigia e addirittura illegale a totale sfregio delle leggi in vigore. Tutto ciò mette in difficoltà i canali e i rivenditori ufficiali e qualificati. Il business della fotografia in Italia si è profondamente trasformato negli ultimi anni: da 3 milioni di unità vendute all’anno ci si è assestati a circa 500mila. Tuttavia questi ultimi sono sempre più posizionati nella fascia alta del mercato. Questo perché il consumatore interessato ai prodotti imaging è sempre più qualificato e preparato, è un power user e sa sfruttare davvero il prodotto. In questo contesto, il network della distribuzione selettiva è un viatico fondamentale per mantenere vivo il mercato e intrattenere i rapporti corretti con i consumatori. Optime ha aiutato a sensibilizzare i rappresentati politici e il mercato nei confronti di realtà che operano al di là della legislazione. E questo processo di educazione deve essere esteso all’ecosistema nella sua interezza, inclusi gli utenti finali e i professionisti dell’imaging”.

Anche per Piergiovanni Schiavotto è stata la prima “uscita” come nuovo Presidente di Ancra Confocommercio. E l’ha valorizzata sottolineando come i negozianti da lui rappresentati rilevano la necessità di “mantenere alta l’attenzione nei confronti di un mercato pulito, corretto e sostenibile per tutti gli operatori”.

Parlando di punti vendita, non ci si può esimere dal considerarli una forte rappresentanza delle città, perché dal tessuto urbano emergono le attività commerciali. Per Confcommercio si tratta di valorizzare questa identità urbana e urbanistica per “superare il concetto di rappresentanza della singola impresa e diventare parte di un tutto, del tessuto sociale e del Paese. Attraverso il negozio di prossimità si trasmette innovazione alla portata delle singole persone. Ciò genera un moltiplicatore che consente l’evoluzione e l’innovazione complessiva del Paese”. Sul perché il punto vendita sia così importante, c’è una spiegazione semplice: “Tutti i comparti dipendono dall’economia della socialità, dall’ultimo miglio rappresentato dai negozi”. In questo periodo di difficoltà il retail ha seminato tanto in termini di affidabilità e servizi verso i clienti finali: bisognerà capire quale grado di fertilità rimane nel terreno della fiducia che suggella il patto tra consumatore e canale fisico. E su questo asset instaurare o rilanciare un percorso di sensibilizzazione. Perché, conclude Confcommercio, “si esce dalle difficoltà sommando socialità e imprenditorialità, che sono parte del carattere del nostro Paese e si sintetizzano nei negozi cittadini. Tutto ciò senza perdere l’opportunità offerta del digitale ma in un contesto di rinascita del rapporto interpersonale dal vivo, vero perno dell’italianità”.

La posizione dei negozi sarebbe incompleta senza il punto di vista dei produttori. Che spetta a Maurizio Iorio, Presidente di Andec (l’Associazione in seno a Confcommercio che rappresenta il settore dell’Elettronica Civile e di Consumo in Italia), che spiega: “Optime agisce nella tutela dei consumatori e del mercato, due leve strettamente legate e interconnesse. Soprattutto in questo periodo di forte confusione, l’attività dell’Osservatorio diventa cruciale per fare chiarezza sulle regole. E per istruire il consumatore sui requisiti fondamentali dei prodotti che possono essere venduti in Italia; regole che non sono rispettate dai modelli importati in modo illegale o quantomeno frutto di canali grigi. Questa struttura legislativa determina differenze fondamentali tra i vari beni ed è stata impostata per tutelare i brand che operano nel nostro Paese, quindi i canali e, di conseguenza, i consumatori finali. Per questo il rispetto di queste leggi è n terreno di dialogo e di battaglia del tutto comune tra industria e retail”.

Già all’orizzonte si prospetta la nuova normativa sulle parti di ricambio che impone a immagazzinare componenti per 6, 7 e più anni: per Iorio è “la prima volta che ci troviamo di fronte a un simile obbligo e vogliamo capire, come Andec, i risvolti e gli scenari collegati al fine di fornire il massimo supporto ai nostri associati”.

L’ospite di Optime: GfK e il consumatore che cambia

La giornata dedicata all’assemblea pubblica per la presentazione del Rapporto Optime 2020 si è conclusa con la classica “ciliegina”: numeri e scenari del mercato italiano nelle tabelle di GfK.

C’è un ragionamento di base che emerge dalle precise parole di Enzo Frasio, Presidente del consiglio di amministrazione di GfK: il consumatore sta cambiando, forse è addirittura già cambiato; in ogni caso “ha modificato la sua lista delle priorità”, dice Frasio.

Le tabelle che vi proponiamo in questa pagina fotografano un contesto nel quale le persone oscillano, usando le parole dell’istituto di ricerca, tra il “revenge spending” e il “rethink spending”. È utile chiarire: nel primo caso si tratta di acquisti dettati dalla voglia di riprendere l’abitudine e il ritmo della normalità, dopo mesi di lockdown e privazioni; nel secondo caso si tratta di pensare in modo nuovo agli acquisti che si vogliono fare. Il primo tipo di consumatore è dettato dalla foga di rivalsa; il secondo dalla ricerca intelligente.

L’impressione è che le persone stiano transitando dal primo atteggiamento di revenge a un di rething. E quindi i prodotti dell’elettronica di consumo sono scelti, selezionati, ponderati e analizzati prima di passare all’investimento monetario. Ebbene, ne derivano due leve utili: si possono ingaggiare dinamiche di valore del tutto inedite, perché si opta per prodotti di qualità superiore; chi entra nei negozi fisici è più intenzionato ad acquistare rispetto a chi esegue una nuova forma di showrooming online principalmente di esplorazione e maturazione dell’idea di acquisto. Non a caso Frasio ci tiene a dire che il “concetto di prossimità è cambiato: le persone sono state spinte a esplorare nuovi punti vendita e ad apprezzare la vicinanza territoriale, riscoprendo il plus del negozio fisico”.

I numeri proposti da GfK, come da tradizione, sono schiette. La matematica non lascia scampo a dubbi e riletture. Iniziamo da quella che riassume i trend del lockdown (marzo/aprile), indispensabile per comprendere i mesi successivi. Durante la clausura forzata tutte le categorie di prodotto sono state negative e alcune, a sorpresa, pesantemente (smartphone). Tutte tranne una: computer e IT (stampanti, accessori e affini). A dimostrazione che lo smart working a generato un bisogno. A ulteriore dimostrazione che il computer è tutt’altro che in fase di abbandono in favore dei dispositivi mobili. A forte dimostrazione che l’esigenza di digitalizzazione in Italia è enorme e la domanda è ben lungi dall’essere soddisfatta o saturata.

Quando poi si analizza la slide sull’andamento puntuale settimana per settimana del mercato nei mesi tra febbraio e giugno si concretizza il nuovo identikit del consumatore. Sì, perché il boost di sell-out è iniziato nella settimana 19 (metà maggio) ed è continuato per circa un mese fino alla settimana 25 (meta giugno) quando il “revenge spending” (+27% di trend a valore rispetto al 2019, superando ampiamente il periodo pre Covid)) si sta riorganizzando nel “rething spending” (+7% a valore rispetto al 2019). L’andamento complessivo è positivo e il rallentamento (sempre a valore) è il segnale inequivocabile che c’è molta più attenzione da parte dei consumatori, che il loro modo di agire sta subendo una modifica interessante e da cogliere.

Oscillazioni differenti a parte, anche i comportamenti di Germania, Spagna e Francia hanno avuto un andamento simile. L’unica che si distingue è il Regno Unito, nel quale l’elettronica di consumo continua a essere intercettata da grandi flussi monetari che arrivano dagli utenti.

GfK ha anche spacchettato i dati nei vari comparti di mercato e nei tre periodi che hanno contraddistinto il primo semestre 2020. Gli unici settori in positivo sono: piccoli e (in parte) grandi elettrodomestici e informatica. Il merito va al post-lockdown con particolare incidenza per il revenge spending. Gli smartphone hanno contenuto il segno negativo, soprattutto perché da maggio le vendite sono continuamente cresciute.

Infine, mettendo i dati sull’asse dei canali distributivi scelti dai consumatori, emerge una realtà inattesa. L’online ha ottenuto performance senza precedenti, con picchi del 240% di vendite in più rispetto allo stesso periodo del 2019 (d’altra parte nel 2020 i negozi hanno subito chiusure forzate). Ma non è questa la cosa che stupisce. Ciò che deve far pensare è che a mantenere il ritmo di crescita più elevato sono stati gli e-commerce dei retailer tradizionali, con incrementi fino al 400% e nettamente più alti rispetto a quelli medi dei cosiddetti pure player. Tanto basta per comprendere la centralità dell’omnicanalità come viatico per fare evolvere le insegne storiche presenti in Italia.