PALADONE

E se fossero i media e gli analisti ad arrovellarsi in grandi questioni intorno ai risultati di Apple? E se nella realtà a Cupertino stanno già guardando l’era successiva all’invasione degli iPhone? La domanda viene spontanea dal clamore echeggiato con la lettera pubblicata “urbi et orbi” sul sito della Mela morsicata a firma Tim Cook, della quale vi abbiamo dato ampio riscontro in questo articolo, che confermava una riduzione di circa 4 miliardi di dollari sul fatturato dell’ultimo trimestre fiscale del 2018. Nessun segreto, un proclama pubblico dato in pasto ad analisi e congetture: alcune delle quali hanno spavaldamente paragonato le sorti di Apple a quelle di Nokia negli smartphone. Spostando il punto di vista dai numeri allo scenario, si scopre un’altra realtà.

Ecosistema contratto

Che la più recente generazione di iPhone non se la stia passando troppo bene, è cosa acclarata. Questa contrazione nella domanda da parte dei consumatori è frutto da una parte da una mancanza di reale innovazione (l’interfaccia e la tecnologia sono sostanzialmente identiche a quella dell’iPhone X), dall’altra di un posizionamento forse impegnativo e dall’altra ancora da una domanda non corrisposta: il tasto Home è scomparso. Questo è un problema, perché per esempio molti utenti prediligono ancora questa modalità di interazione e in azienda la sicurezza biometrica basata sull’impronta digitale è uno standard. Non lo è la biometria facciale.

La ridotta domanda di dispositivi ha avuto indubbi riflessi negativi sull’ecosistema di accessori (cover soprattutto), trainando verso il basso l’universo iOS nel suo insieme. Eppure questa costellazione è in espansione accelerata: al Ces di Las Vegas hanno debuttato Tv e dispositivi capaci di connettersi ai contenuti di iTunes. Ed è solo l’inizio.

Servizi a valore

Il fatto è che di tutte queste questioni, ad Apple non dà il peso che è attribuito da media e analisti. Non che gliene freghi nulla, per carità, ma a parte le dovute precisazioni sulla guidance e sulle aspettative di fatturato per coerenza comunicativa nei confronti di shareholder e stakeholder, a Cupertino siamo certi gli animi siano molto più tranquilli di quello che si scrive e si legge.

Il motivo è molto semplice: i ricavi generati dai servizi non legati all’iPhone sono in crescita. Basti pensare che questo segmento di attività pesa per il 16% sul fatturato complessivo di Apple (era il 10% nel 2017). In cifre: 10 miliardi di dollari ottenuti da iCloud e Apple Music, per i quali gli utenti sono ben disposti a pagare un abbonamento mensile. Senza dimenticare Apple Pay, da cui l’azienda ricava non poco. Dei quasi 900 milioni di dollari generati da Netflix attraverso iOS, oltre 260 milioni sono stati instascati da Apple come commissione.

Il grafico qui di seguito parla chiaro: i servizi sono il trend in ascesa a Cupertino. E l’hardware è solo un mezzo, peraltro congiunturale, per valorizzare l’ecosistema espanso del cloud. Dunque, c’è davvero da preoccuparsi? No, Apple ha in mente ben altro.

 

Apple crolla: cosa sta succedendo nel mercato degli smartphone?