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Il 1 giugno 2020 è stata pubblicata la Circolare sul sito dell’Agenzia delle Entrate che spiega ed enuclea i termini e le modalità di trasmissione dei dati relativi alle vendite a distanza dei beni che avvengono mediante l’uso di interfacce elettroniche. Quest’ultima definizione è sintetizzabile in e-commerce e più propriamente in marketplace. In sintesi, si tratta del primo tassello con l’obiettivo di introdurre “un obbligo di comunicazione per i soggetti passivi, residenti e non residenti” che gestiscono piattaforme elettroniche “attraverso le quali sono facilitate le vendite a distanza di beni importati o le vendite a distanza di beni all’interno dell’Unione europea tra fornitori e acquirenti”. Per la cronaca, con soggetti passivi sono da intendere le ragioni sociali (soggette al regime di pagamento dell’Iva) che hanno sede in Italia o a quelli ” non stabiliti nel territorio dello Stato”, categoria che comprende “sia i gestori delle piattaforme che non effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi territorialmente rilevanti nel territorio dello Stato, che i gestori (non stabiliti) che realizzano le predette operazioni”. In pratica, chi gestisce i marketplace è obbligato a trasmettere all’Agenzia delle Entrate il volume delle vendite che ha attraversato la piattaforma (seppure concluse da fornitori terzi) e a pagare l’Iva conseguente.

Il documento di 16 pagine, firmate dal Direttore dell’agenzia Ernesto Maria Ruffini, è esaustivo e non lascia spazio a dubbi. Semmai potrebbe essere soggetto a eventuali emendamenti, che però non dovrebbero stravolgerne la natura. Ed è stato accolto in modo positivo dagli addetti ai lavori. Citiamo Davide Rossi, Direttore generale della Aires (l’associazione di categoria in Confcommercio che rappresenta i retailer speciallizzati nell’elettronica di consumo) che commenta: “Avanti così. Questo è da considerare come il primo importante passo verso una più completa funzione di sostituti di imposta da attribuire alle piattaforme. La ragione è dalla parte di chi chiede che tutti facciano di più per evitare i tanti fenomeni di evasione ed elusione dell’Iva da parte di microimprese che nascono solo per durare pochi mesi, devastare il quadro concorrenziale con azioni corsare e sparire dopo avere fatto danni enormi e accumulato cospicui debiti fiscali”.

Uno scenario articolato

Per comprendere la portata di questo importante provvedimento, che afferisce al corpus legislativo del Decreto Crescita 2019 (che cesserà a fine anno in attesa della Direttiva Iva del 2021 che descriveremo in seguito), bisogna leggere attentamente il documento dell’Agenzia. L’urgenza di questo documento è data dal “rapido sviluppo del commercio elettronico che ha comportato, nel corso degli anni, l’affermarsi di nuovi modelli commerciali basati sulla vendita di prodotti o servizi online ovvero sull’offerta dematerializzata di servizi di intermediazione. In questo ambito, il ruolo delle cosiddette piattaforme digitali è divenuto particolarmente rilevante, tanto da spingere molti Stati ad assumere iniziative finalizzate ad assicurare la corretta applicazione delle normative fiscali. Sotto quest’ultimo aspetto, la circostanza che le piattaforme operino su scala transnazionale, senza una presenza fisica nel mercato di riferimento rende il tema della fiscalità e dei connessi adempimenti molto complesso”.

La Circolare del 1 giugno 2020 mira a sensibilizzare e incentivare gli e-commerce alla regolarizzazione dell’Iva sul venduto, oggi in gran parte elusa o evasa, in attesa del Direttiva Iva che entrerà in vigore il 1 gennaio 2021 con l’articolo 14-bis, il cui paragrafo 1 riportiamo di seguito:

“Se un soggetto passivo facilita, tramite l’uso di un’interfaccia elettronica quale un mercato virtuale (marketplace), una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, le vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi con spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 euro, si considera che lo stesso soggetto passivo in questione abbia ricevuto e ceduto detti beni”.

Il paragrafo 2 della disposizione in commento estende tale previsione alle «cessioni di beni effettuate nella Comunità da un soggetto passivo non stabilito nella Comunità a una persona che non è un soggetto passivo».

La ratio della norma risiede nella opportunità di coinvolgere le piattaforme nella riscossione dell’Iva sulle vendite on line posto che “gran parte delle vendite a distanza di beni, forniti da uno Stato membro all’altro e da territori terzi o paesi terzi alla Comunità, è facilitata tramite l’uso di un’interfaccia elettronica quale un mercato virtuale (marketplace), una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, spesso col ricorso a sistemi di deposito logistico”.

Nell’attesa del 2021, allo stato attuale l’articolo 13 del Decreto Crescita, a cui si riferisce la Circolare, ha l’intento di “consentire l’emersione e il monitoraggio del volume di affari Iva delle vendite a distanza UE ed extra-UE, che le piattaforme stesse contribuiscono a facilitare, ponendo a carico di queste ultime determinati oneri. In particolare, come si evince dalla Relazione illustrativa al Decreto Crescita, la ratio della norma è favorire la compliance in materia di Iva sulle vendite a distanza di beni effettuate tramite piattaforme elettroniche”.

Nuove disposizioni per le dichiarazioni Iva

Il comma 1 del citato articolo 13 stabilisce che il soggetto passivo che facilita, tramite l’uso di un’interfaccia elettronica quale un mercato virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, le vendite a distanza di beni importati o le vendite a distanza di beni all’interno dell’Unione europea è tenuto a trasmettere entro il mese successivo a ciascun trimestre, secondo modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, per ciascun fornitore i seguenti dati:

  • la denominazione o i dati anagrafici completi, la residenza o il domicilio, il codice identificativo fiscale ove esistente, l’indirizzo di posta elettronica;
  • il numero totale delle unità vendute in Italia;
  • a scelta del soggetto passivo, per le unità vendute in Italia l’ammontare totale dei prezzi di vendita o il prezzo medio di vendita.

Il mancato o incompleto invio dei dati suddetti determina che il soggetto passivo è considerato debitore dell’Iva applicata alle vendite a distanza, salvo che provi che l’imposta sia stata assolta dal fornitore.

Il comma 3 della norma in commento stabilisce che «Il soggetto passivo di cui al comma 1 è considerato debitore d’imposta per le vendite a distanza per le quali non ha trasmesso, o ha trasmesso in modo incompleto, i dati di cui al comma 1, presenti sulla piattaforma, se non dimostra che l’imposta è stata assolta dal fornitore». La disposizione introduce una presunzione relativa a carico del soggetto che gestisce le piattaforme, consistente nell’essere considerato debitore dell’Iva dovuta dai fornitori sulle vendite a distanza di beni provenienti da territori terzi o da Stati membri della Unione europea.

Interessante leggere il chiarimento successivo: “La presunzione in commento opera quando il gestore della piattaforma non trasmette, o trasmette in modo incompleto, i dati delle predette operazioni. Al fine di superare la predetta presunzione relativa, il gestore dovrà dimostrare che il fornitore abbia effettivamente assolto l’imposta”.

Venendo al caso dei dispositivi elettronici quali smartphone, tablet, pc, console di gioco e accessori: “il Decreto in commento (cfr. articolo 13, comma 4) incide sulla disciplina introdotta dal Decreto Semplificazioni relativa agli obblighi gravanti sulle piattaforme elettroniche che facilitano le vendite a distanza” di queste tipologie di prodotti, “nonché le importazioni dei medesimi beni qualora gli stessi abbiano valore intrinseco non superiore a 150 euro”.

Il ruolo dei fornitori

Per “fornitore” s’intende la persona fisica o l’ente, residente o non residente nel territorio dello Stato, che, agendo nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni, effettua le vendite a distanza. Alla luce dell’analogia della nozione di fornitore con la definizione di
vendita a distanza stabilita dalla Direttiva Iva, devono ritenersi esclusi dalla nozione di “fornitore” i soggetti che effettuano le vendite a distanza al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa o dell’esercizio di arti o professioni, di cui all’articolo 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

Non rileva, quindi, ai fini dell’Iva, per carenza del presupposto soggettivo, una vendita a distanza effettuata da un soggetto che non agisce nello svolgimento della propria attività economica e professionale. Ne consegue, ad esempio, che la persona fisica che occasionalmente vende beni tramite
piattaforme digitali non è considerata fornitore ai fini dell’obbligo di comunicazione introdotto dall’articolo 13 del Decreto Crescita e dalle norme attuative stabilite dal Provvedimento.

Il concetto di marketplace che “facilita”

Per marketplace deve intendersi lo spazio reale o virtuale in cui hanno luogo attività di compravendita di beni e servizi tra una pluralità di compratori e venditori. Anche il concetto di marketplace è stato mutuato dall’articolo 14-bis della Direttiva Iva.

Il termine “facilita”, secondo il Provvedimento, designa l’uso di un’interfaccia elettronica che consenta a un acquirente e a un fornitore, che vende beni tramite l’interfaccia elettronica, di stabilire un contatto che dia luogo a una cessione di beni a tale acquirente tramite detta interfaccia elettronica.

In questo contesto sono ricompresi i casi in cui l’interfaccia elettronica partecipi direttamente o indirettamente a una o più delle seguenti operazioni (primo elenco):

  • alla determinazione delle condizioni generali in base alle quali è effettuata la cessione di beni;
  • alla riscossione presso l’acquirente del pagamento effettuato;
  • all’ordinazione o alla consegna dei beni.

Per quanto concerne l’attività di ordinazione e consegna dei beni, si precisa che essa non si verifica quando la piattaforma si limiti a gestire le predette attività senza intervenire, seppur indirettamente, alla loro formulazione o, alternativamente, alla consegna dei beni acquistati.

Al contrario, la nozione di “facilitare” non ricomprende le operazioni seguenti (secondo elenco):

  • il trattamento dei pagamenti in relazione alla cessione di beni;
  • la catalogazione o la pubblicità di beni;
  • il reindirizzamento o il trasferimento di acquirenti verso altre interfacce elettroniche in cui sono posti in vendita beni, senza ulteriori interventi nella cessione.

A titolo di esempio, non si considera rientrante nel concetto di “facilitare” una vendita a distanza, ai fini che qui rilevano, una piattaforma che:

  • offre servizi di pagamento digitale e di trasferimento di denaro tramite Internet;
  • si limita ad aumentare la visibilità in rete di un prodotto di un marchio o di migliorarne il ranking nei motori di ricerca;
  • fornisce ai clienti un servizio consistente nella mera comparazione dei prezzi di mercato relativi ad un bene.

Per completezza, si evidenzia che la definizione del termine “facilita” ricomprende anche le ipotesi in cui la piattaforma digitale svolga una o più operazioni del primo elenco contemporaneamente a una o più operazioni del secondo elenco.

La definizione del termine “facilita”, e la relativa casistica, s’ispirano al contenuto dell’articolo 5-ter del regolamento di esecuzione (UE) n. 282 del 15 marzo 20118, per quanto riguarda le cessioni di beni o le prestazioni di servizi facilitate da interfacce elettroniche e i regimi speciali per i soggetti passivi che prestano servizi a persone che non sono soggetti passivi, effettuano vendite a distanza di beni e talune cessioni nazionali di beni.

Informazioni Iva non eludibili

La normativa vigente, spiegata in modo preciso dalla Circolare, è chiara e intransigente. “Alla luce dell’esigenza di garantire un pronto adempimento degli obblighi di comunicazione delle piattaforme, si ritiene che le stesse possano comunicare i dati delle vendite, prescindendo dal valore della soglia prevista dallo Stato di destinazione del bene. La singola piattaforma, infatti, conosce i dati relativi alle vendite che essa stessa facilita, ma potrebbe non essere a conoscenza del dato complessivo riferibile all’operatore e comprensivo di vendite facilitate da altre piattaforme o effettuate senza l’intervento facilitatore di una piattaforma elettronica”.

Pertanto, le piattaforme potranno comunicare anche i dati delle vendite relative alle operazioni cosiddette “sovra soglia”. Il comma 3 dell’articolo 13 del Decreto Crescita prevede che il gestore della piattaforma digitale è considerato debitore dell’Iva relativa alle operazioni dallo stesso facilitate per la mancata o incompleta trasmissione dei dati previsti dal comma 1.

“Sia la mancata, quanto l’incompleta trasmissione dei dati deve essere verificata con riferimento a ciascun fornitore che si avvale della piattaforma. A tal riguardo, l’incompleta trasmissione dei dati riguarda la non indicazione di alcuni degli elementi previsti dal comma 1, i quali devono, invece, essere tutti trasmessi affinché la piattaforma non ricada nell’obbligo di versare l’Iva dovuta dai fornitori per le vendite a distanza da questi effettuate”.

In questo caso, l’obbligo di versamento dell’Iva da parte della piattaforma sussiste solo ove quest’ultima non dimostri “che l’imposta è stata assolta dal fornitore. L’Amministrazione finanziaria potrà comunque effettuare accessi presso il soggetto obbligato al fine di rilevare la correttezza del dato comunicato”.

Come si determina l’ammontare Iva

Il Provvedimento (punto 3.4) stabilisce che i soggetti passivi trasmettano all’Agenzia delle entrate, entro la fine del mese successivo a ciascun trimestre, a partire dal trimestre di entrata in vigore dell’art. 13 del Decreto Crescita, i
seguenti dati relativi a ciascun fornitore che ha effettuato almeno una vendita nel trimestre di riferimento:

  • la denominazione o i dati anagrafici completi, inclusa la residenza o il domicilio, nonché l’identificativo univoco utilizzato per effettuare le vendite facilitate dall’interfaccia elettronica, il codice identificativo fiscale ove esistente, l’indirizzo di posta elettronica;
  • il numero totale delle unità vendute in Italia;
  • a scelta del soggetto passivo, per le unità vendute in Italia l’ammontare totale dei prezzi di vendita o il prezzo medio di vendita, espressi in euro.

Il punto 3.7 dice: “In caso di omissioni o errori nella trasmissione dei dati, i soggetti passivi possono trasmettere una nuova comunicazione che sostituisce integralmente quella precedentemente inviata. La nuova comunicazione è effettuata entro la fine del mese successivo a quello in cui è stata inviata la prima comunicazione e deve contenere l’indicazione del trimestre di riferimento”.

Alcune precisazioni finali:

  • le vendite “complesse”, quali le vendite di pacchetti di più beni a fronte di un prezzo unitario, sono considerate transazioni uniche;
  • al contrario, sono considerate vendite separate quelle aventi ad oggetto accessori (cuffie, custodia e così via) afferenti ad altri beni, quali ad esempio tablet e cellulari;
  • nel caso di resi di cui la piattaforma sia a conoscenza, gli stessi dovranno essere oggetto di comunicazione sostitutiva. I termini per la presentazione di quest’ultima decorrono dal momento in cui la piattaforma è a conoscenza del reso.

La Circolare si chiude con un monito: “Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti”.