PALADONE

Gianfranco Lanci, è presidente di Lenovo. L’italiano, dalla lunga esperienza nel settore della tecnologia e in particolare dell’informatica, è alla guida di una delle multinazionali ICT più importanti e strutturate al mondo, che di recente ha aperto il primo negozio flagship europeo a Milano (qui lo speciale su Spazio Lenovo). 67 anni, ingegnere, è sempre stato un manager orientato al futuro: guardando all’orizzonte del mercato ma senza dimenticare di gestire il presente. Nella sua intervista al Corriere.it (firmata dall’amico e collega Federico Cella), traccia uno schizzo delle principali novità tecnologiche ma soprattutto comportamentali che il 2021 farà emergere. E saranno una diretta conseguenze dell’impatto che il 2020 ha avuto in tutte le sfaccettature della consumer electronics, del mondo del lavoro e della società. A iniziare dal 5G, destinato a diventare la tecnologia principale di accesso al Web tanto che, secondo Lanci, è destinato a soppiantare il Wi-Fi.

Il pc, il 5G e l’home working

Alcuni passaggi dell’intervista, pubblicata in data 1 gennaio 2020 sul Corriere.it a questo indirizzo, sono cruciali e ve li proponiamo analizzandone il contesto. Per esempio, è interessante quando Lanci dice che anche i cittadini sono allo stremo, non ne possono più di lavorare e studiare da casa. Tuttavia “anche quando avremo il vaccino e saremo fuori dal tunnel, penso che queste forme smart continueranno”.

L’home working è destinato a rimanere un asset aziendale, magari limitato a pochi giorni alla settimana con conseguente incremento dell’importanza dei dispositivi mobili, a partire dai computer. La moltiplicazione dei pc in casa è un fenomeno che continuerà perché, dice Lanci, “con la pandemia ci si è resi conto che il telefono non era sufficiente, e che serviva un pc o un tablet per ogni membro della famiglia”. Tutto ciò determinerà un cambiamento di paradigma costante tra smartphone e computer, connettività inclusa.

Proprio sul fronte della connettività, Gianfranco Lanci si produce in una visione forse estrema ma del tutto coerente sul ruolo del 5G. Intanto ci tiene a sottolineare che “arriverà, nei prossimi anni” perché per il momento la sua diffusione è “rallentata dalla pandemia”. Ma è destinato a diventare un “elemento estremamente importante attorno a cui girerà tutta l’economia digitale”. La velocità e la reattività del 5G saranno tali che “probabilmente lo stesso wi-fi finirà in soffitta perché avremo una connessione migliore di quella di casa”. A questo punto basterà condividere la connettività 5G in ambienti domestici per ottenere le prestazioni indispensabili al lavoro, allo studio e all’intrattenimento. Lanci ci tiene a precisare che “non succederà domani ma sarà un cambiamento epocale” e la partita si giocherà sul binomio hardware/connettività. E il 5G sarà il moltiplicatore di questa equazione.

I cambiamenti nel lavoro e nella scuola del 2021

Sempre secondo l’analisi di Lanci, anche il mondo del lavoro è destinato a cambiare nei modi e nei tempi di esecuzione. Per esempio: “Le sale riunione diventeranno inutili, ci saranno solo postazioni e poi spazi adeguati per uniformarsi alle regole quando sarà necessario fare dei confronti di persona”. Questo perché l’home working continuerà ad avere un ruolo principali e gli uffici si adegueranno di conseguenza.

A iniziare dalla gestione dei dati e dai sistemi di autenticazione biometrica. Il riconoscimento facciale, per esempio, e altri sistemi che non prevedono un contatto saranno preferibili ai sensori con impronta digitale (anche questo per via della pandemia). Mentre lo storage locale, filtrato nel contesto dell’home working, diventa un accessorio. Spiega Lanci: “E anche le memorie dei pc diventeranno obsolete, finirà tutto nel cloud così da avere i nostri materiali di lavoro sempre disponibili”.

Uno scenario speculare è quello della scuola. Lanci non ha dubbi, cambierà il concetto di presenza in classe “anche in base alle nuovi dotazioni degli studenti: ogni ragazzo e ragazza dovrà essere sempre equipaggiato con un proprio device, ognuno il suo”. Dispositivi tecnologici nelle cartelle al posto dei libri purché “ben protetti, nonché in parte gestiti dagli insegnanti perché possano controllare cosa fa lo studente”.

Il tutto con il rimpianto della mancata operatività in presenza, del contatto fisico, della discussione e del confronto a quattr’occhi. È uno dei lasciti meno gradevoli del 2020, questo allontanamento fisico forzato dai luoghi della produttività, togliendo così un elemento importante del lavoro e della scuola: il dibattito, la condivisione, l’affiatamento del team, la capacità di fare gruppo. Chiosa Lanci: “Ora siamo dunque capaci di distinguere cosa è meglio fare in presenza e cosa invece possiamo fare a distanza. Detto questo, sono convinto che sotto al 70% di lavoro e studio in presenza non si dovrebbe andare. Lo trovo anzi già un limite, diciamo che a distanza non dovremmo mai stare più di un giorno o due alla settimana”.

L’intervista a Gianfranco Lanci, Lenovo

Qui di seguito riproduciamo l’intervista a Gianfranco Lanci, presidente di Lenovo, apparsa in data 1 gennaio 2020 sul Corriere.it a firma Federico Cella e disponibile in forma integrale a questo indirizzo: https://www.corriere.it/tecnologia/21_gennaio_01/previsioni-2021-il-wi-fi-diventera-vecchio-smetteremo-usarlo-01db5e20-4c39-11eb-a215-44d7eb47eab9.shtml

Allora ingegnere, che cosa succederà nel 2021 dopo un anno così complicato? 
Una cosa certa è che non torneremo mai a una situazione pre 2020, soprattutto per quanto riguarda lo studiare e il lavorare da casa. Ora siamo allo stremo, non ne possiamo più. Ma anche quando avremo il vaccino e saremo fuori dal tunnel, penso che queste forme smart continueranno. Sarà una parte di lavoro e di studio a domicilio verticale, 1 o 2 giorni alla settimana. Questo porterà ancora di più al rilancio dei pc: tutti a casa ne avevamo uno o due, non ne eravamo del tutto sprovvisti. Ma eravamo abituati a farci soprattutto cose noiose: Excel e Powerpoint, cose di questo genere. Per il resto c’era lo smartphone. Con la pandemia ci si è resi conto che il telefono non era sufficiente, e che serviva un pc o un tablet per ogni membro della famiglia. E così anche i computer stanno cambiando e cambieranno ancora di più in futuro: avranno funzionalità che assomiglieranno sotto certi aspetti a quello di uno smartphone, con ottimi audio e videocamera, una batteria della durata di almeno 8-10 ore. E ovviamente sarà sempre connesso come il telefono alla rete, possibilmente a una rete con banda a sufficienza per supportare tutto quello che si deve fare. 

Ecco la rete: spesso si ingolfava, con tutta la famiglia connessa. Sarebbe servito avere già il 5G. 
Arriverà, nei prossimi anni, ora la sua diffusione è stata rallentata dalla pandemia, ma quando sarà qui tra noi diventerà un elemento estremamente importante attorno a cui girerà un po’ tutta l’economia digitale. Una capacità di banda che, sì, oggi servirebbe come il pane. Quando saremo connessi in 5G probabilmente lo stesso wi-fi finirà in soffitta, perché avremo una connessione migliore di quella di casa. E tramite un hub casalingo la diffonderemo per coprire tutto quello che ci serve. Non succederà domani, ma sarà un cambiamento epocale: l’hardware è importante ma la connettività lo è di più perché altrimenti non avremmo niente per sfruttare i nostri potenti device. 

Se non si tornerà in pianta stabile a lavorare in ufficio, anche l’aspetto dei luoghi di lavoro è destinato a cambiare.
Vedremo cambiamenti negli uffici, se parte della settimana lavorativa la passeremo a casa. Le sale riunione diventeranno inutili, ci saranno solo postazioni e poi spazi adeguati per uniformarsi alle regole quando sarà necessario fare dei confronti di persona. Anche qui l’hardware, quello che usiamo per lavorare, è destinato a cambiare. I computer desktop non avranno più molto senso, avremo solo i portatili. Anche i monitor dovranno essere trasportabili, non dico che arriveranno subito quelli flessibili perché per realizzare quelli di grandi dimensioni ci sarà bisogno ancora di un po’ di anni. E anche le memorie dei pc diventeranno obsolete, finirà tutto nel cloud così da avere i nostri materiali di lavoro sempre disponibili. Serviranno quindi sistemi differenti di controllo degli accessi al posto di lavoro: abbiamo imparato che toccare le cose è pericoloso – e la gente questo se lo ricorderà -, quindi servirà anche maggiore automazione, con il riconoscimento facciale in tutti i luoghi di lavoro. 

Anche le scuole, le classi, sono quindi destinate a cambiare. 
Da sempre come studenti siamo abituati ad andare nella nostre aule, ma se ora la presenza non sarà più al 100% durante la settimana, anche qui si potranno ottimizzare gli spazi. Ci saranno più classi condivise, opportunamente sanificate, e tutta la scuola sarà gestita diversamente. Anche in base alle nuovi dotazioni degli studenti: ogni ragazzo e ragazza dovrà essere sempre equipaggiato con un proprio device, ognuno il suo. Così da usarlo a scuola ma anche a casa. Dove le lezioni online dovranno essere differenti da quelle in presenza, non una mera trasposizione come accade ora. Servirà sviluppare software molto diversi, sfruttando anche contenuti e persone esterne da portare digitalmente dentro la scuola. Il tablet o il pc portatile diventeranno come il libro, da portare sempre con sé nelle cartelle. E dovranno essere ben protetti, nonché in parte gestiti dagli insegnanti perché possano controllare cosa fa lo studente. 

Ma non è triste, una sconfitta, pensare al futuro solo come digitale a distanza? Nella scuola come nel lavoro o nella vita.
Assolutamente sì, credo infatti sia fondamentale tornare a fare le cose di persona, diamo stati costretti al digitale ma se fatto di persona, ogni compito, ha un’efficienza del tutto diversa. Ma abbiamo anche scoperto al contrario che alcune cose se fatte da casa, in rete, funzionano anche meglio. Abbiamo imparato a ottimizzare grazie al digitale, sotto diversi aspetti. Ora siamo dunque capaci di distinguere cosa è meglio fare in presenza e cosa invece possiamo fare a distanza. Detto questo, sono convinto che sotto al 70% di lavoro e studio in presenza non si dovrebbe andare. Lo trovo anzi già un limite, diciamo che a distanza non dovremmo mai stare più di un giorno o due alla settimana.