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RUSSELL HOBBS

Quando ci si approssima a parlare con Stefano Guindani, si percepisce la vastità del suo talento e delle sue esperienze fotografiche: dalla grande passione per il linguaggio del reportage, fino all’agenzia video e foto SGP, composta da circa 30 persone di cui 12 fotografi e 3 videomaker. Cui si aggiunge la capacità di Guindani di sperimentare nuove forme fotografiche in virtù della collaborazione con Honor, brand di smartphone con un avveniristico reparto fotografico i cui modelli accompagnano Stefano Guindani tanto nella vita privata quanto sul set o nei viaggi. Ma la chiacchierata inizia dall’attualità, ossia dall’impatto dell’intelligenza artificiale sulla fotografia: un’opportunità o un nuovo paradigma? Risponde Guindani: “Ritengo sia un’opportunità perché sono convinto che la fotografia debba essere una forma d’arte. Preciso che la fotografia giornalistica è giusto rimanga il più reale possibile e quindi sono anche abbastanza d’accordo con alcuni dei grandi concorsi fotografici dove è assolutamente vietato modificare lo scatto originale. Però secondo me un fotografo che pensa e vuole sviluppare la propria vena artistica e creativa, deve avere la possibilità di suscitare emozioni e sensazioni dalla forma d’arte, in questo caso la fotografia”.

Continua Guindani: “In questo scenario nulla vieta di utilizzare qualunque mezzo per raggiungere l’obiettivo prefissato: è il risultato finale che conta. Così come quando in passato ho dichiarato, a volte sono stato criticato, che non è fondamentale che una foto sia tecnicamente perfetta, ma l’importante è che susciti un’emozione. Questa posizione nasceva dal fatto che ho visto foto tecnicamente eccelse, perfette, ma che secondo me erano di una noia infinita e delle foto con degli errori, anche addirittura di mosso o di sfocato, il cui messaggio era talmente forte che trasmettevano quel ‘qualcosa’ che le rendeva uniche e interessanti. Secondo me il fine della fotografia deve essere un’emozione, positiva o negativa quello dipende dall’artista. Per quanto riguarda l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, di recente è diventata una questione piuttosto dibattuta. Penso che allo stato attuale chi sa usare i programmi di editing ad alto livello sta già usando la IA e questa rappresenta un grande aiuto sia per una questione di velocità sia per il raggiungimento del risultato finale. Per esempio, mi è stato chiesto di sviluppare un progetto che possa rappresentare il punto di incontro tra la fotografia digitale e l’intelligenza artificiale e la prima immagine che mi è venuta in mente è un ologramma abbinato a una foto, di qualsiasi tipo, e gestito dalla IA”.

Per il fotografo professionista non è una novità: “Poi mi sono reso conto che avevo già usato gli ologrammi una decina di anni fa per una passerella. Quindi alla resa dei conti oggi ci stupiamo e critichiamo una tecnologia che però è una continuazione, in meglio e con più struttura, di quanto già si faceva su Internet o con apparecchiature dedicate. Semplicemente si è tutto evoluto nel tempo e, come sempre accade, ciò che è nuovo porta con sé tante critiche ma enormi opportunità che andrebbero analizzate. Come nel caso della fotografia da smartphone: cerco sempre di profondere innovazione nella mia attività, dunque mi son trovato a scattare delle campagne pubblicitarie con lo smartphone perché poteva essere il nuovo mezzo, perché è interessante verificare dove si può arrivare combinando le potenzialità della tecnologia e le idee creative. Per esempio, da fotografo professionista ritengo molto utile pensare a un ecosistema che permetta di fare dialogare la sezione imaging degli smartphone con quella delle macchine fotografiche per combinare le rispettive innovazioni”.

Prendendo spunto da questa considerazione, in che modo le macchine digitali possono migliorare ulteriormente?

“Forse la vera interazione digitale, nel senso di corpo macchina e parlo da utente principalmente Leica ma che usa molto anche modelli di altri brand come Nikon e altri, nei modelli di altissimo livello potrebbe iniziare dall’essere integrati in un vero e proprio ecosistema digitale. Probabilmente sarebbe utile per i brand di interpellare una decina di professionisti in altrettanti settori diversi per mettere a fattore comune le varie esigenze foto e video per comprendere che direzione di innovazione intraprendere. Certo, i modelli più evoluti scattano foto e girano video al top e sono affidabili, non ci aspetta nulla di diverso: è ciò che devono fare. In alcuni casi aggiungono funzioni utili ma sottovalutate, come la possibilità di registrare un vocale per ogni fotografia: fondamentale per chi esegue raffiche di scatti e ha bisogno di memorizzare alcune informazioni. Però poi nella trasmissione delle immagini successivamente allo scatto ci sono ancora inefficienze e passaggi ridondanti prima di poterci lavorare, soprattutto quando si opera in Raw. Ci sono le tecnologie ma manca una visione di standardizzazione e di velocità, entrambi fattori cruciali per il fotografo. Se poi a questa funzione si aggiunge l’uso intelligente dello smartphone, come secondo display o come mirino in tempo reale, senza ritardi o latenze di connessione, e anche un Gps integrato nella macchina fotografica, per individuarla quando la si perde, si comprende come con pochi ma saggi e sapienti interventi si può migliorare il flusso di lavoro dei professionisti. Spaziando sul lato creativo, ritengo molto utili gli effetti di editing sul corpo macchina e le simulazioni di pellicola, in modo particolare quando posso vedere direttamente dal display della fotocamera il risultato finale che si ottiene con questi filtri. Ecco, sarebbe utile che i display presenti sui corpi macchina fossero calibrati così come lo sono i monitor che si usano in produzione: si avrebbe la perfetta corrispondenza dello scatto durante e dopo. Stesso discorso per le modifiche e gli aggiustamenti eseguiti durante lo scatto: se fossero importati in modo esplicito nel flusso di editing, così da interagire con eventuali plug-in, semplificherebbero di molto il lavoro”.

Quanto è importante la parte di videomaking?

“Da fotografo professionista posso permettermi di dire ‘Sono il fotografo e faccio le foto’, però i più giovani che muovono i primi passi in questo modo è fondamentale sapere manipolare i video. Nella mia agenzia fotografica i potenziali collaboratori e dipendenti che si presentano come fotografi e hanno competenze di videomaker indubbiamente hanno il doppio delle possibilità di essere coinvolti a livello lavorativo. Perché abbiamo clienti che chiedono solo il videomaker e altri che prediligono il fotografo. Sapere fare video editing apre un’ampia fetta di mercato che io seguo relativamente poco, per il momento, ma che invece può essere un buon viatico per fotografi giovani, che possono lavorare e collaborare con aziende, influencer e altri interlocutori che necessitano di una persona capace di muoversi nel mondo imaging con flessibilità”.

La sperimentazione parte da te oppure avviene in connubio con il committente?

“Inizio dicendo che sono un entusiasta: ho sempre delle grandi idee che ho la fortuna e la capacità di riuscire a proporle ai potenziali clienti, che mi seguono e riusciamo a metterle in pratica. La sperimentazione a volte a volte parte da loro, a volte parte da me. Il concetto di base rimane l’idea originale da sviluppare. In tutta sincerità, vorrei avere più tempo da dedicare a questa parte di sperimentazione anche per dare seguito a una serie di progetti che ho in mente, ma colgo ogni occasione per provare, testare e profondere concetti nuovi nello scatto e nell’uso della tecnologia disponibile”.

Nella sperimentazione tecnologica rientra la forte propensione all’uso degli smartphone, in particolare quelli di Honor con il flagship Magic 5 Pro…

“Uso il Magic 5 Pro per la praticità e le prestazioni. La mia vita si snoda in vari progetti lavorativi, quindi la fotografia è anche un modo per trasformare lo smartphone nel miglior blocco di appunti che possa esistere perché si scattano foto che poi possono diventare idee e spunti per progetti e attività con la fotocamera digitale. Dato che lo smartphone scatta in altissima qualità, diventa utile in molti casi anche in mobilità. Per esempio, di recente in un backstage di una sfilata di Armani ho scattato foto con il Magic 5 Pro ottenendo colori e luci assolutamente in linea con un apparecchio professionale ma in modo rapido, semplice e immediato. Lo smartphone è utile quando si vuole semplificare al massimo per ottenere un risultato ottimale: lo smartphone sfrutta l’intelligenza artificiale e un’ottica tale per cui si ottengono immagini belle e pronte all’uso. Poi, lo smartphone si comporta molto bene in condizioni di luce ottimale, in situazioni di luce estreme bisogna lavorare in modalità ‘pro’ oppure salvare in Raw per una post elaborazione. Detto questo, Magic 5 Pro e macchina fotografica li ritengo complementari perché permettono di scattare e girare video in situazioni diverse ma con risultati soddisfacenti in entrambi i casi. Sarebbe molto utile pensare a un’evoluzione nella quale si possano mettere in simbiosi i due dispositivi così che possano scattare insieme, all’unisono, e possano interagire, così che l’uno sia il complemento dell’altro. Questo tipo di interazione porterebbe a compensare i limiti dell’uno e dell’altra e a esplorare nuove idee e forme fotografiche. Questo grazie anche al progresso imaging che Honor sta portando all’interno dei suoi prodotti, come nel caso del Magic 5 Pro e dell’Honor 90“.