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In Italia si sta lottando per trovare un accordo che medi le esigenze di società di pagamento, banche e rivenditori per tagliare le commissioni sulle transazioni elettroniche, hanno detto mercoledì a Reuters due fonti vicine alla questione, sollevando la prospettiva di una tassa inaspettata sulle finanze settori. Il costo dei pagamenti digitali è al centro dell’attenzione in Italia, con il Governo Meloni che cerca di far fronte alle lamentele dei rivenditori sulle commissioni.

Roma vuole che le parti si accordino per ridurre le commissioni sulle transazioni digitali fino a 30 euro per le imprese con ricavi annuali fino a 400.000 euro. Il premier Giorgia Meloni ha chiarito di essere pronta a imporre un “contributo di solidarietà” pari al 50% dell’incasso netto di quelle operazioni senza accordo, che inizialmente doveva arrivare entro la fine di marzo.

Lo schema in discussione prevederebbe zero commissioni sui pagamenti fino a 10 euro, con tagli decrescenti tra gli 11 ei 30 euro, ma alcune società finanziarie stanno riluttando su una soluzione del genere, secondo una delle fonti. Un incontro tra tutte le parti coinvolte è ora previsto per il 20 aprile, ha detto una seconda fonte che conferma l’accordo è ancora sfuggente.

La proposta tassa sui guadagni, se introdotta, colpirebbe la società di pagamenti italiana Nexi ma anche le banche che ricevono una parte delle commissioni pagate dagli esercenti. Con l’età media più alta dell’UE, l’Italia è un ritardatario digitale: i pagamenti con carta rappresentano il 32% del totale, al di sotto del 47% in Europa, ma in netto aumento rispetto al 17% del 2017, come mostrano i dati di Nexi.

Il primo ministro Meloni ha promosso i colloqui per tagliare le tasse dopo che il suo governo a dicembre ha fatto marcia indietro sulla proposta di tagliare le sanzioni contro i negozianti che si rifiutano di accettare pagamenti digitali, a seguito delle critiche della Commissione europea.

I sostenitori dei pagamenti in contanti centrano i ragionamenti sul fatto che fanno risparmiare ai negozianti le spese bancarie, mentre i critici, inclusa la Banca d’Italia, affermano che allentare i limiti normativi sul contante alimenterebbe l’economia sommersa. L’evasione fiscale nel nostro Paese, stimata dal Ministero del Tesoro, è pari a circa 90 miliardi di euro, in calo rispetto ai 106 miliardi di euro del 2015.