
Siamo solo all’inizio di una nuova onda di evoluzione tecnologica anticipata da tecnologie come 5G, Iot, cloud e AI e che si svilupperà per i prossimi 30 anni. Questo è l’incipit dell’evento Huawei Eco-Connect Europe 2018 che si sta tenendo a Roma presso il Convention Center che ospita la splendida e prestigiosa Nuvola di Fuksas. Sul palco si avvicendano i manager del brand cinese così come ospiti e partner: il fulcro di tutto è affrontare un mondo in costante incremento di connettività. Allo stato attuale ci sono più di 600 milioni di persone che usano dispositivi smart, oltre 300 milioni di smart home, 10 milioni di lavoratori in smart office e 5 milioni di connected car, numeri in crescita costante e impetuosa.
Eppure, ci tengono a precisare i manager che calcano il palco in legno, che nella realtà dei fatti stiamo utilizzando solo il 30% delle effettive capacità di questi strumenti. Si tratta di capire come fare entrare una nuova generazione di apparecchi una orma consolidata routine personale e lavorativa. Il cambio di mentalità è dietro l’angolo: in Europa nel giro dei prossimi tre anni si arriverà a oltre 50 miliardi di connessioni attive. Questo porterà a enfatizzare la capacità dei collegamenti machine-to-machine, fatto che aprirà possibilità tutte sconosciute in termini di potenzialità e di sviluppo della tecnologia stesa. Perché Huawei descrive questo scenario? Perché l’obiettivo del brand è fare in modo che il mondo sia interconnesso. L’Europa e l’Italia giocano un ruolo importante.
Gigabit society
L’Eco-Connect avviene in Europa perché il nostro è un Continente ad alto potenziale di sviluppo e perché segue una sequenza storica di HCE durante i quali sono state introdotte novità tecnologiche sostanziali. Lo scopo dell’evento è fare in modo che i partner e le figure aziendali si parlino, si incontrino e condividano esperienze, tecnologie e idee.
Sono tre le parole chiave che contraddistinguono l’evento romano del 2018: tecnologia, ecosistema (“nessuno può agire da solo, bisogna essere parte di una piattaforma più ampia per lo sviluppo delle soluzioni e per fare emergere le nuove idee”), talento (“vogliamo incentivare lo sviluppo delle nuove generazioni, perché entro il 2022 ci sarà la necessità di nuove capacità per rispondere alla domanda di nuove competenze aziendali necessarie nei prossimi anni”). I consumatori hanno un ruolo fondamentale: “dovranno contribuire attivamente alla creazione di nuove skill a supporto della nuova evoluzione industriale”.
Ciò porta ad analizzare cosa significhi il concetto di digital revolution. Di certo non può essere sufficiente introdurre il digitale nei processi: è solo il primo passo. La fase fondamentale è affrontare le criticità e le complessità derivanti da una vera digital transformation delle aziende, degli enti, del sistema paese e delle attività a ogni livello, al fine di cogliere le opportunità più profonde offerte dalla connettività. Solo traendo il massimo vantaggio dalle nuove tecnologie si ottiene profitto dagli investimenti in trasformazione digitale.
L’Italia ha un ruolo del tutto secondario in questo maxi trend mondale. La digital transformation ha un’incidenza solo del 4%, negli Stati Uniti è del 25% e in Cina del 27%. In questi due Paesi si sono sviluppati rapidamente nuovi modelli di business principalmente legati ai servizio e alla creazione di piattaforme che consentono di attivare un meccanismo di ritorno dell’investimento che verte su percorsi di crescita, connettività, condivisione e interazioni di partnership. Ciò è propedeutico alla creazione di un mercato unico digitale, ma basato su stretti protocolli di sicurezza condivisi tra le parti per evitare dinamiche anti-competitive o che possano danneggiare i Paesi.
La velocità della connessione è l’elemento chiave: in Italia è urgente migliorare davvero l’efficienza di collegamento per garantire ampia banda passante e bassa latenza al fine di supportare il cloud e alimentare l’analisi dei dati in tempo reale. L’incremento di prestazioni deve avvenire in modo omogeneo in tutte le aree del nostro Paese, dalle città a quelle più remote e rurali con un processo di spegnimento rapido dell’analogico per dare vita a una nuova era digitale che sia centrata nell’obiettivo di azzeramento del digital divide.
La fibra ottica è l’unica risposta a questa esigenza di connettività a banda larga. La diffusione dell’infrastruttura è cruciale per supportare non solo gli utenti ma anche progetti quali le smart city e la raccolta e l’analisi di dati per vari fini. Gli operatori telefonici hanno il ruolo fondamentale di costruire i network per mettere a disposizione l’ossatura su cui realizzare le applicazioni necessarie all’evoluzione digitale. Il tutto con un regime di costi e investimenti che faciliti la diffusione delle infrastrutture e che porti a eliminare il bagaglio del passato generato da vecchie reti e ormai superate infrastrutture, con un cambio di mentalità nell’approccio alla connettività territoriale, con costi accessibili da tutte le fasce della popolazione. Questo porterà al debutto della “gigabity society”.
Generazione 5G
In questo percorso descritto da Huawei all’Eco-Connect 2018 non manca l’analisi delle sfide che attendono l’industria nel suo complesso. Anche perché nei prossimi 9 anni si prevede una moltiplicazione di 180 volte del numero di dispositivi connessi alle reti a banda larga (stima Gsma). Dunque, ogni miglioramento hardware e software deve fruttare un concreto innalzamento della capacità dei dispositivi di analizzare e percepire la realtà. Questo incide su due fattori chiave: il 5G e l’intelligenza artificiale (AI).
Nel primo caso, le reti di quinta generazione sono l’ossatura fondante su cui articolare le prossime generazioni di dispositivi, siano essi smartphone, veicoli autonomi, case, wearable e così via. Nell’epoca storica dell’Iot ogni oggetto deve essere connesso perché proprio dalla relazione interattiva tra vari tipi di device nasce il contesto per dare vita a tecnologie, soluzioni e materiali innovativi. Il 5G per caratteristiche di elevate prestazioni e bassissima latenza è l’unica soluzione possibile per attivare la nuova grande rivoluzione industriale dettata dall’intelligenza artificiale.
Intelligenza e AI
Quando si inizia a parlare dell’adozione di soluzioni nell’ambito dell’intelligenza artificiale, gran parte del ragionamento verte su come le presone potranno essere potenzialmente rimpiazzate nel loro lavoro con sistemi automatici. Se invece di sostituzione si dovesse più opportunamente iniziare a usare il termine di “ottimizzazione”? La AI può entrare in sinergia con l’uomo migliorando qualità, efficienza ed efficacia del compito da svolgere, soprattutto negli ambiti più delicati e ad alta specializzazione.
Entro il 2020 oltre 50 miliardi di dollari saranno impiegate per migliorare il posto di lavoro. Se si hanno ancora dubbi sul ruolo che la AI avrà nel futuro, basta pensare che nel medicale la sua penetrazione è pari all’86%.
Ecco perché bisogna attivare piani di legittimazione della AI attraverso un percorso di certificazione di affidabilità e correttezza dei dati e dei risultati elaborati attraverso l’intelligenza artificiale: in concreto, le soluzioni proposte da questi sistemi devono risultare affidabili e impiegabili effettivamente.
La legittimità della AI è una responsabilità tutta umana, che si declina nel comprendere le dinamiche e le attività che l’intelligenza artificiale originerà nella sua implementazione all’interno della vita lavorativa e privata. Per questo la AI deve essere identificata di volta in volta per svolgere uno specifico obiettivo, non per delegare attività ma per migliorare la collaborazione e la realizzazione del lavoro delle persone.
In sostanza si tratta di reinventare il concetto di creatività dell’innovazione anche nell’adozione della AI perché è cruciale avere una visone e una comprensione uniforme di quali sono le possibilità di questa tecnologia. E per definire tutto ciò non basta una mente ingegneristica: è finalmente necessario coinvolgere elementi sociologici, psicologici, legali e umanitari.
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