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PANASONIC LUMIX

Tanto tuonò che piovve. Trump nei giorni scorsi ha sottoscritto il bando per i prodotti di Huawei mettendo il produttore cinese nella blacklist dei fornitori di tecnologia su suolo statunitense. La “pazzia”, come più volte è stata definita in queste pagine, del Presidente degli Stati Uniti si è declinata da inizio 2018 in vari annunci, sfide (non solo verbali) e prese di posizione, spesso quasi teatrali, per bloccare la diffusione sia degli smartphone sia soprattutto delle infrastrutture di rete di Huawei in vista del 5G. L’accusa principale è sempre stata una, per quanto modulata in vari modi: l’azienda cinese ci spia; non ci sono mai state dimostrazioni inconfutabili ma solo certezze “ci spiano” oppure “ci spieranno”.

L’ultimo atto, ma solo in ordine di tempo, è andato in scena i giorni scorsi quando l’amministrazione di Trump ha attaccato duramente Huawei impedendo di fatto alle aziende statunitensi di vendere tecnologia “critica” alla controparte cinese, salvo che non siano state ottenute opportune licenze. La Casa Bianca e il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti hanno intrapreso azioni per bandire Huawei dalla vendita di tecnologia sul mercato americano, che si somma all’impossibilità di acquistare circuiti integrati da aziende statunitensi, tra cui Qualcomm.

Nell’ordine diramato da Donald Trump si usano toni accesi, tra cui si paventa una “emergenza nazionale” in relazione alle infrastrutture di comunicazione negli States, tanto che è in essere “la proibizione di transazioni che possano creare un rischio inacettabile” alla sicurezza degli Stati Uniti.

In questo nuovo maccartismo, nemmeno tanto strisciante, non poteva mancare la lista nera, strumento ampiamente collaudato anche in epoca recente nei democraticissimi Stati Uniti per bloccare persone e aziende in una continua lotta alle streghe. Perché dal Paese che più di tutti spia indebitamente il mondo (Snowden docet) con una piattaforma di intelligence senza limiti e confini, sentire di parlare di rischio nazionale correlato alle ipotesi di spionaggio è quantomeno kafkiano.

Dunque la lista: si chiama Entity List, contiene una settantina di nomi e bisogna essere iscritti per poter vendere tecnologia a Huawei. Molto delicato ed elegante il tweet di Tom Cotton, senatore repubblicano dell’Arkansas: “@Huawei 5G, Rip. Thanks for playing”. Nulla da aggiungere sull’effettiva portata delle azioni di questa parossistica amministrazione made by Trump.

Trump e l’Europa

Ora la domanda è come e se questo tentativo di scacco possa diramarsi sugli altri mercati. Secondo alcuni analisti “le reti in Europa, Africa e Asia che si affidano ai dispositivi di Huawei subirano un inevitabile impatto da questa decisione”. Alcuni lo hanno definita una mossa di portata quasi “nucleare”. La Entity List ha la possibilità di penalizzare lo sviluppo dei prodotti, oltre a potenzialmente creare nel breve e medio periodo uno shortage di componenti che impatterebbe anche sulle aziende statunitensi.

Siamo in una vera guerra combattuta sul terreno della tecnologia e delle forniture di componenti. Con ramificazioni impossibili da quantificare e definire allo stato attuale. Probabilmente l’attuale rigidità del Presidente è solo una mossa iniziale per attivare una negoziazione effettiva che porti a posizioni meno talebane da parte di Trump, in una politica di riconoscimento progressivo di alcune concessioni che circoscrivano un perimetro più ampio di quello imposto dalla Entity List. Secondo Dennis Wilder, ex capo della divisione Cina nella Cia, questo è solo l’inizio del “disaccoppiamento economico” tra i due Paesi. Aggiungiamo, non solo economico: il “decoupling” è principalmente tecnologico.

Il resto del mondo

L’azione decisa di Trump non può che avere effetti quasi immediati su altri mercati. Australia, Nuova Zelanda e Giappone hanno prontamente aderito al bando imposto dal Presidente a stelle e strisce; il quale sta facendo pressioni su Regno Unito e Germania affinché si allineino. Per la cronaca, la Germania, ancora molto incerta su come reagire, è il secondo Paese europeo per importanza per Huawei, subito dopo l’Italia. Nel Regno Unito sembra stia regnando una sorta di caos su come adeguarsi, anche solo parzialmente, alle richieste dell’ingombrante alleato.

La Premier Theresa May si sta trovando in una sorta di fuoco incrociato tra chi sostiene che permettere a Huawei di installare reti 5G in UK possa compromettere seriamente la sicurezza nazionale, e chi invece si rende conto che tutto sommato sono solo illazioni e che le relazioni commerciali con la Cina andrebbero preservate, per evitare di perdere eventuali vantaggi competitivi. La Francia potrebbe allinearsi alle richieste di Trump seppure non con un bando ma semplicemente sollecitando i leader europei a prendere una posizione comune contro il produttore cinese.

In linea generale l’Europa è più fredda e scettica rispetto alla linea molto decisa degli Stati Uniti. Il Vecchio Continente sembra orientato a una pluralità di partner per la costruzione delle reti 5G. Questo anche per non interrompere i rapporti con la Cina, anzi piuttosto di rilanciarli in un patto di fiducia reciproca basato su una strategia coerente a livello comunitario. In Italia a inizio anno un gruppo di politici aveva chiesto approfondimenti in merito all’affaire Huawei/5G e alcuni partner dell’azienda cinese hanno avviato procedure interne di ulteriore verifica e validazione. A dire che le dichiarazioni di Donald hanno fatto breccia, seppure sotto forma di “dubbio”.

Huawei e Trump

Huawei non ha fatto mistero del proprio disappunto: difficile non essere concordi su quanto l’azione di Trump sia anticompetitiva, fortemente non democratica e tutt’altro che intonata a un Paese che si definisce “patria della libertà”.

L’azienda cinese ha descritto la sua posizione in due dichiarazioni ufficiali. La prima è la seguente:

“Huawei è leader globale nello sviluppo e implementazione della tecnologia 5G. Siamo disponibili e pronti a collaborare con il governo degli Stati Uniti per identificare misure efficaci al fine di garantire la sicurezza dei prodotti. Limitare la possibilità per Huawei di operare negli Stati Uniti non renderà il Paese più sicuro né più forte. Al contrario, questa decisione costringerà gli Stati Uniti a usare prodotti di qualità inferiore e più costosi, relegando il Paese in una posizione di svantaggio nell’adozione delle reti di ultima generazione e, in ultima analisi, danneggerà gli interessi delle aziende e dei consumatori statunitensi. Inoltre restrizioni ingiustificate violeranno i diritti di Huawei e solleveranno ulteriori questioni legali”.

Dopo alcune ore, Huawei è stata nettamente più decisa e diretta ma comunque tale da aprire una porta verso un dialgo che potrebbe essere la soluzione ideale per tutti:

“Huawei si oppone alla decisione presa dal Bureau of Industry and Security (BIS) del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. La decisione presa non è nell’interesse di nessuno. Comporterà un grave danno economico per le aziende americane con cui Huawei collabora, inciderà su decine di migliaia di posti di lavoro americani e interromperà la collaborazione e la fiducia reciproca che esiste attualmente nella catena di approvvigionamento globale. Huawei cercherà immediatamente rimedi e troverà una soluzione a questo problema. Cercheremo anche di intraprendere azioni proattive al fine di mitigare gli impatti che deriveranno da questo caso”.

Cronistoria

2018

2019

  • 3 gennaio: Un report suggerisce che il Presidente Trump sta meditando di emettere un ordine esecutivo per bandire Huawei e Zte.
  • 4 gennaio: I senatori pubblicano una nota di avvertimento sui dubbi relativi alle aziende cinesi.
  • 8 gennaio: Huawei deve lottare per rimanere negli Stati Uniti e mostrare i notebook e i tablet al Ces.
  • 11 gennaio: In Polonia un dipendente di Huawei è arrestato per essere sospettato di spiare. Tre giorni dopo Huawei licenzia il dipendente.
  • 18 gennaio: La Cina avverte il Canada che il blocco di Huawei sul 5G avrà “ripercussioni”.
  • 23 gennaio: Alla Cfo di Huawei viene inviato un documento per procedere all’estradizione negli Stati Uniti.
  • 24 gennaio: Huawei annuncia che vuole conquistare la prima posizione nel mercato degli smartphone entro il 2020.
  • 25 gennaio: I college statunitensi abbandonano i dispositivi di Huawei per adeguarsi alle richieste dell’amministrazione Trump.
  • 29 gennaio: Gli Stati Uniti attaccano Huawei con 23 accuse per aver favorito il furto di segreti e per frode.
  • 30 gennaio: Qualcomm e Huawei si accordano sui brevetti.
  • 6 febbraio: I dipartimenti degli States scoraggiano i Paesi europei dall’utilizzare apparecchi di Huawei per la costruzioni di reti 5G.
  • 17 febbraio: Il Regno Unito conclude che usare il 5G di Huawei è un rischio gestibile.
  • 19 febbraio: Il fondatore di Huawei Ren Zhengfei dice alla Bbc che “non ci sono mezzi con cui gli Stati Uniti ci possono eliminare”.
  • 20 febbraio: Ren dice che l’arresto della figlia Meng Wanzhou è stata “motivata a livello politico e gli Stati Uniti approcciano il 5G come se fosse tecnologia militare”.
  • 21 febbraio: Il Segretario di Stato US Mike Pompeo dice che usare la tecnologia di Huawei mette in pericolo gli Stati Uniti.
  • 22 febbraio: Alcuni politici italiani sollevano l’ipotesi di un blocco di Huawei nel 5G.
  • 25 febbraio: Huawei potrebbe essere esclusa dal mercato dell’energia solare negli Stati Uniti.
  • 26 febbraio: Samsung e Huawei chiudono la disputa sui brevetti che durava da due anni.
  • 1 marzo: La Cfo di Huawei è ascoltata dai giudici in Canada mentre gli Stati Uniti chiedono alle Filippine di non usare materiale Huawei per il 5G.
  • 5 marzo: Huawei invita a ragionare a livello globale in tema di cybersicurezza.
  • 7 marzo: Huawei fa causa al Governo US per il bando sulle apparecchiature.
  • 12 marzo: Gli Stati Uniti chiedono alla Germania di abbandonare Huawei oppure limiteranno la condivisione di informazioni di intelligence. Il Mate 20 supera i 10 milioni di unità spedite.
  • 14 marzo: Huawei sta sviluppando un sistema operativo alternativo ad Android, secondo un rapporto pubblicato online.
  • 15 marzo: Si scopre che il Cfo di Huawei stava per abbandonare l’azienda prima di essere arrestata.
  • 19 marzo: Angela Merkel rimanda al mittente le richieste degli Stati Uniti di escludere Huawei dal 5G.
  • 28 marzo: Esperti di sicurezza anglosassoni dicono che i prodotti di Huawei determinano un “significativo incremento del rischio”.
  • 29 marzo: Huawei rispondono agli Stati Uniti sostenendo che hanno una “attitudine perdente” perché non riescono a competere sul fronte della tecnologia.
  • 4 aprile: Huawei supera Apple e Samsung su base mensile.
  • 8 aprile: Huawei è disposta a vendere il chip 5G ad Apple, secondo un report.
  • 9 aprile: Gli Stati Uniti fanno decadere la richiesta di bando di Huawei in Germania.
  • 21 aprile: La Cia dice che Huawei è stata fondata dal dipartimento di sicurezza cinese.
  • 24 aprile: Il Regno Unito consente a Huawei solo un “limitato accesso alle infrastrutture 5G”. La Cina fa pressione su UK affinché Huawei possa essere parte importante dell’installazione del 5G. 30
  • 30 aprile: Si scopre che alcuni router prodotti da Huawei e destinati ai consumatori di Vodafone Italia avevano una backdoor non documentata. Questo avveniva tra il 2009 e il 2011.
  • 1 maggio: Huawei cresce del 50% nelle vendite di smartphone ed entro fine anno farà debuttare un Tv 8K con connettività 5G.
  • 3 maggio: Alcuni Paesi propongono una ipotesi di piattaforma di sicurezza per il 5G e gli Stati Uniti sottolineano ancora la pericolosità di Huawei.
  • 8 maggio: L’attivazione del 5G nel Regno Unito potrebbe subire ritardi a causa delle investigazioni su Huawei.
  • 15 maggio: Trump emette il bando nazionale sui prodotti cinesi, inclusa Huawei, per motivi di sicurezza nazionale. Nelle 24 ore precedenti le voci su questo blocco erano diventate molto insistenti.