
C’è poco da sorridere per i dati della terza giornata di Serie A secondo le rilevazioni di Auditel per Dazn. Abbiamo atteso qualche giornata di Campionato per vedere come si stessero muovendo gli spettatori (posto che come abbiamo già detto per i dati della prima giornata, più che spettatori sono visualizzazioni), ottenendo la conferma dell’estrema sperequazione tra le partite. Eccessiva la differenza, frutto di disequilibri intrinsechi tanto nella piattaforma quanto nella tifoseria. E se per i tifosi non c’è nulla da fare, altrettanto non si può dire per Dazn, che potrebbe fare qualcosa in più del minimo sindacale di trasmettere un flusso in Full HD (ci sono voluti tre anni e ancora non è indolore l’esperienza di visualizzazione) per realizzare un’esperienza, un intrattenimento più gustoso, interattivo e avvincente rispetto a quanto disponibile. Ce l’ha fatta Amazon in pochi mesi, non si capisce perché su Dazn ci si debba accontentare.
Partiamo dai numeri secondo l’Auditel. La terza giornata di Serie A su Dazn ha fatto registrare un totale di 4.735.321 spettatori, distribuiti sul totale delle 10 gare. Nel 2022 la medesima giornata aveva fatto segnare circa 120mila spettatori in più. La sperequazione è sul numero di spettatori per ciascuna partita.
La partita più vista è stata Roma-Milan con 1.353.979 di telespettatori, mentre quella meno vista è stata Atalanta-Monza (30.651). Le altre due partite più viste sono state Napoli-Lazio (890.238) e Inter-Fiorentina (820.730). Poi arriva Empoli-Juventus, che ha registrato solo 573.018 spettatori. Infine, Sassuolo-Verona a quota 221.924. Il dato preoccupante è che la metà delle partite non riesce nemmeno a raggiungere la soglia degli 80mila spettatori. Il caso clamoroso, come detto, è Atalanta-Monza. Numeri bassi.

Numeri ridicoli, confermati dagli spettatori per Zona Gol: poco più di 300mila (ma divisi in due tranche) per il 2 settembre; meno di 230mila per domenica 3 settembre (sempre divisi in due segmenti da poco più di 110mila spettatori). Debacle. Che mette a dura prova gli sponsor, la tenuta del valore della Serie A e l’efficacia della trasmissione affidata in esclusiva a uno streamer che, forse, non ha saputo valorizzare una miniera d’oro.

Questi andamenti non possono fare bene al calcio e non fanno bene alle scelte della Lega di Serie A. Lo sport nazionale quello per cui tutti dovrebbero accalcarsi a vedere le partite, per di più in modo diffuso grazie ai device mobili, non sta funzionando. Serve un coraggioso cambio di rotta, che passa attraverso l’apertura più ampia possibile della platea. Ossia non dall’incremento delle tariffe e dalle restrizioni sull’uso dell’app ma dal coinvolgimento di quanti più canali e punti di contatto per aumentare i dati. Il 50% delle partite con numeri così bassi non è davvero accettabile. E fa dubitare della tenuta del sistema, della pazienza delle parti coinvolte e dei numeri reali della piattaforma. In un mondo in cui a partner e stakeholder vengono chiesti numeri verificati, certificati e trasparenti ma che, a conti fatti, non ricevono il medesimo trattamento.