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Dopo un finale di 2022 assimilabile a un calvario, su Apple, Amazon, Google, Meta, Microsoft, Netflix (le cosiddette Big Tech) è tornato a splendere qualche raggio di sole nel primo trimestre di quest’anno 2023. Il bilancio delle trimestrali ha battuto tutte  le aspettative degli analisti. Intendiamoci, i risultati sono stati in flessione rispetto al passato: ma comunque miglior di previsioni che apparivano intonate a tinte certamente più cupe e grigie. Le suddette “sei regine” – considerate tali anche per capitalizzazione e valorizzazione al Nasdaq – sono alle prese con una potente riconversione delle attività. Con un processo di ristrutturazione a tutti i livelli, dopo l’abbuffata del periodo pandemico. Costi ridotti, budget in revisione, maggiore focalizzazione di talune attività, attitudine alla diversificazione, ponderazione negli investimenti su versanti che appaiono affascinanti ma con minore appeal in termini di concretezza.

Apple, Amazon, Google, Meta, Microsoft, Netflix: 400 miliardi di dollari in soli tre mesi

Pretendo in esame il trimestre gennaio-marzo 2023 i numeri hanno detto questo. Apple fatto registrare vendite complessive per 94,84 miliardi di dollari. Per Amazon l’incoming è stato di  127,4 miliardi di dollari. Google ha incasellato 68,79 miliardi di dollari. Per Meta ci sono state entrate per un montante di 28,65 miliardi di dollari. Microsoft ha portato a casa 52,86 miliardi di dollari, mentre Netflix ha raggiunto ricavi di 8,16 miliardi di dollari. L’aggregato di questi fatturati sfiora i 400 miliardi di dollari. Ecco perché queste Big tech sono il perno centrale su cui ruota il futuro. Il fronte tecnologico le vede impegnate su più aree di business. Ma le attività coire per ciascuna di esse sono quelle che richiedono il maggiore impegno e l’attitudine ad affrontare la sfida. Non è facile dato il quadro macro-economico. Le previsioni a tutte le latitudini accennano a venti di recessione, ancorché contenuti. Meglio diffidare delle previsioni dei soliti noti o ancor più delle banche centrali che non ci hanno capito un bel niente e hanno sottovalutato (per loro stessa ammissione l’impennarsi dell’inflazione). Ora tocca (incrociamo le dita, il prezzo da pagare sarà molto più pesante di quelle che si crede o si vede nei numeri a breve termine) agli stessi artefici del danno trovare la strada (leggi alla voce rialzi a manetta dei tassi di interesse) per riparare il guasto prodotto. E sinceramente c’è poco da stare allegri e da fidarsi. Ma al di là di questa autentica perversione politico-economica, molto dipenderà dalla capacità di entrare in una nuova dimensione

Big Tech alle prese con un nuovo paradigma politico ed economico

Per Apple, Amazon, Google, Meta, Microsoft, Netflix, le abbuffate pandemiche – così come nel periodo precedente c’era stato il “new deal” legato alla digitalizzazione anche in chiave social – hanno sicuramente fornito un impeto (positivo) inatteso (per la portata che è stata scaricata a terra) alle Big Tech. Ad alcune in particolare. Più in generale, anche le aziende meno in vista hanno tratto beneficio, anche da una minima bava di vento. Ora, che la situazione si è normalizzata comincia il bello. Ossia, la parte più difficile. La frontiera dell’Intelligenza Artificiale schiude nuovi scenari. La sua adozione aiuterà sicuramente a proporre nuove esperienze per gli utenti, ad affermare i motori di ricerca, a consolidare alcune best practices. Ma c’è sempre bisogno di fare di conto poi con una realtà fattuale. O se preferite, con un’economia reale, così differente tra paese e paese, figuriamoci tra continenti, fatta di consumatori e di fasce d’età che non possono essere luce o semplicemente trascurate. Il cloud se guardiamo ai prossimi mesi – pur restando un asset rilevante – pare che possa scontare –  in termini di ricavi – proprio l’indebolimento della spesa dei consumatori. Gli outlook di alcuni top player sono risultati molto conservativi. Non meno importantemente sarà la politica tutta dai vari governi (dalla Casa Bianca, a Downing Street e soprattutto per noi a Bruxelles) sia sotto il profilo delle norme, sia (anche in questo caso con un ritardo marcio) per quel che attiene alla politica industriale. Il 2023 sancirà l’entrata Din vigore di importanti provvedimenti, come nel caso del Digital Markets Act. Insomma, lo scenario che le Big Tech in breve tempo è stato completamente capovolto. Le capacità manifestati in questi anni garantiscono più che una resilienza, una vocazione a sapere interpretare il cambiamento. Ma sarà meno facile che in passato. E non soltanto perché i consumatori sono a loro volta cambiati o maturati. Siamo in un altro mondo.